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: Philippe Jaenada sulle tracce provinciali della morte di Jacqueline Harispe

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In questa occasione, per esigenze di causa, ha deciso (l’idea è intelligente) di fare un giro della Francia ai margini della Francia: da Dunkerque (non a Tamanrasset, ovviamente) a Hendaye, passando per Bagnères-de-Bigorre e Port-Vendres, Briançon, Mentone… per ritornare al punto di partenza, vicino al Mare del Nord. Va di albergo in albergo, di bar, di caffè e di bistrot dove lo aspettano uno, due whisky o anche tre, se necessario.

Il Quartiere Latino degli anni Cinquanta

In “La casualità è una cosa molto bella” Philippe Jaenada ci trasporta nel Quartiere Latino degli anni Cinquanta dell’altro secolo. Al “Moineau”, questo bistrot dove i giovani diseredati bevono, chiacchierano, si amano, sbagliano allegramente, fumano petardi. Tra questi giovani casuali, Kaki, Jacqueline Harispe. L’ispettore capo Jaenada sta quindi conducendo le indagini.


Philippe Jaenada ci trasporta nel Quartiere Latino negli anni Cinquanta del secolo scorso

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Interroga archivi e testimoni. Ovviamente ha letto “Nel caffè della giovinezza perduta” di Modiano. Sparrow e i suoi giovani clienti abituali sono al centro della sua indagine. A cerchi concentrici se ne allontana (come lui da Parigi) perché ogni personaggio di questo dramma diventa un filo che tira per comprendere meglio la possibile verità di questo suicidio.

Debord e Bourdieu a Pau

Lì l’umorismo la fa da padrone, e la sua vita privata lo aggiunge. Ridiamo. Lì scoprì Henry de Béarn, principe di Béarn, de Chalais, duca di Cantabria, conte di Brassac e Marsan, marchese di Excideuil. Non buttarne più! Per il lettore testardo ed esitante (questo non è incompatibile) che sono, è più che una sorpresa. Ben presto fu accompagnata dalla scoperta di Jean-Claude Guilbert, lo scrittore, e soprattutto di Guy Debord, l’autore di “La Société du spectacle”, un’opera ancora attuale.

Joanada regola i conti: gli fa incazzare! Apprendiamo (mi ripeto, lo so!) che Debord era studente nell’autunno del 1942 al liceo Louis-Barthou di Pau dove Pierre Bourdieu era convittore, con Jacques Lasserre, amico di Bourdieu, che interpretava un ruolo importante nella mia vita caotica e nomade. Jaenada è un instancabile osservatore di tutto ciò che vive e si muove attorno a lui.

A Dinard, l’episodio della crêperie è splendido. Resta parigino, ahimè, designando quella che attraversa come “provincia”. Quando lascia una Hendaye invernale, racconta: “Un pazzo stava facendo windsurf a tutta velocità sull’oceano nero e agitato. Ci sono tutti i tipi di persone al mondo. » Se fossi stato ispirato avrei potuto pensare la stessa cosa! Jacqueline Harispe è comunque la sua bussola. La sua odissea esagonale è la mappa. Nella stanza dell’Hotel Mistral dove finalmente soggiorna l’autore, scrive: “Mi chino leggermente, guardo in basso, le schegge di vetro nella grondaia. Un secondo e quarantasei. Guardo la mia mano. Abbasso lo sguardo. Ho le vertigini. » L’ho sentito anch’io, quando ho finito questo commovente romanzo.

Philippe Jaenada, “La casualità è una cosa molto bella”, romanzo, Éditions Mallet-Barrault, 22 euro, 478 p.

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