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“La famiglia è spesso la cosa peggiore”, secondo Colm Toíbín

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Tra esilio e ricongiungimento romantico, Colm Toíbín, maestro dell’intimità emotiva, si riconnette con l’eroina emancipata di Brooklyn. Grande stile e arte di vivere.

Long Island, anni ’70. Eilis Lacey riceve la visita di uno sconosciuto annunciandogli le infedeltà del marito. Non lontano da casa loro, una donna è incinta del detto Tony. “ Quindi appena nascerà il bastardo lo porterò qui. » Se la persona interessata confessa a malincuore, poi si crogiola nel silenzio. Rifiutandosi di dover allevare il figlio di qualcun altro, Eilis esce dal suo solito riserbo per affrontare il volubile marito, ma si scontra con Fratelli italiani chi si alza. Fu deciso che la madre di Tony avrebbe preso il bambino, che il bambino sarebbe stato adottato…E che Eilis non ci troverebbe nulla di sbagliato. Approfittando del compleanno di sua madre, annuncia la sua partenza per l’Irlanda con i suoi due figli adolescenti. Senza promessa di ritornoil suo viaggio segnala un ultimatum. Tornata a casa, a Enniscorthy, ritrova Jim Farrell, di cui era innamorata prima che lui partisse per gli Stati Uniti, più di vent’anni fa. Il padrone del pub sta per annunciare il suo fidanzamento con Nancy, una vedova di 46 anni ed ex migliore amica di Eilis… Ma la riunione rinasce la brace di una passione Rovesciato.

Ritorno alle origini

In Il MagoColm Toíbín è scivolato brillantemente all’ombra di Thomas Mannun gigante schivo che percorre il suo destino di gloria come un lungo cammino di esilio. Un tema che attraversa tutti i suoi libri, dove sullo sfondo si svolgono le vicissitudini dello sradicamento. Riconnettersi con l’eroina di Brooklyn (il suo bestseller del 2009), torna l’irlandese le sue terre nella contea di Wexfordal tempo della sua giovinezza. Non è necessario aver letto queste prime avventure per assaporarle l’incantesimo che offre questo ritratto di una donna determinata, divisa tra due continenti. Perché con questo virtuoso dell’introspezione, tutto lo spazio è lasciato ai personaggi, senza giudicarli, dando a tutti la stessa attenzione. Pranzo domenicale a prezzi cari, scelta difficile di un vestito in una boutique di lusso o una passeggiata in riva al mare, l’autore di Il Maestro fa emergere ovunque una brulicante telenovela.

Tutto il suo talento converge così nel cuore di infinite variazioni della psiche, con il culmine dei ritardi nel pudore. Sottile, la sua arte soppesa il peso del non detto e delle convenzioni, il soffocamento della ganga familiare, e calligrafa le attese pungenti come i silenzi che la dicono lunga. “ La famiglia è spesso la cosa peggiore. » Una scena di matrimonio, vissuta attraverso gli occhi di ciascun protagonista, costituisce uno dei momenti salienti del libro. La maestria della messa in scena evoca l’apertura omerica del Il cacciatore di cervi (Viaggio alla fine dell’inferno) di Michele Cimino. La spinta lì è forteumorismo sornione. Intrappolata nella grande rete familiare, la vita è lì, semplicemente. Al centro di questo romanzo rosa pulsa un delizioso studio della morale e il ritratto di una donna straordinaria, l’indipendenza della mente ancorata al corpo.

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