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La penna morbida di Ava Rose Riverin, la dura vita di Laura Bouchard

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Il racconto, sempre pubblicato da Éditions Château d’Encre, racconta la storia di Laura Bloom, una famosa attrice che arriva a perdere se stessa, a forza di modellarsi ai desideri del pubblico e alle fantasie degli uomini – spesso tossici – che la circondano. lei.

La troviamo al bivio della sua vita, divisa tra la sua verità e le sue finzioni. All’alba di grandi sconvolgimenti che apprezzeremo appieno solo più tardi, attraverso gli occhi del figlio Simon.

Raccontando la sua storia, Ava Rose Riverin trova le parole giuste per affrontare questi rapporti umani “complessi” che si torcono fino a diventare violenza. Psicologico o fisico. Consapevole o no.

Poi quello di Saguenay parla incidentalmente di aborto, demenza, violenza sessuale. Trovando ogni volta il modo di restare in equilibrio, mettendo piede in territori che ammette “spinosi”, ma che sa essere troppo importanti per essere aggirati.

“Sono molto preoccupato per la condizione delle donne. A volte abbiamo l’impressione che le cose siano sistemate, ma quando ci guardiamo alle spalle, ci rendiamo conto che tutti i nostri progressi sono molto recenti. Siamo sempre ad un passo dal perdere ciò che abbiamo guadagnato. Quindi finché hai voce, finché hai il privilegio di essere letto da più di 10 persone, tanto vale approfittarne per provocare una riflessione su argomenti che mi stanno a cuore”, spiega l’autore in un intervista con Il quotidiano.

Originaria di Saguenay, è anche madre di tre figli e montatrice professionista da oltre 15 anni. (Rocket Lavoie, Fiera del libro di Saguenay-Lac-Saint-Jean)

Ispirazione

Quando ha scritto il suo primo libro, dice, l’ispirazione è venuta in parte dalla storia pubblicizzata della bambina di Granby, la cui morte ha scioccato tutto il Quebec. “Parlavamo di violenza sui bambini, mi interrogavo sulle ripercussioni di questa violenza, dall’infanzia all’età adulta”.

Quindi questa volta, con La volta che ho ucciso Laura Bouchardè stato, in un certo senso, il movimento #MeToo a rivelarsi la scintilla: l’incursione nel mondo del cinema, nella storia, che ci ha messo in allerta.

“All’epoca esisteva una lista chiamata Say His Name. Per curiosità sono andata a vedere se c’erano uomini che conoscevo lì, anche se non mi sentivo aggredita. E lì ho trovato i nomi di tre uomini che avevo conosciuto. Mi ha fatto riflettere”, ricorda Ava Rose Riverin.

Gli interrogativi che la abitavano in quel momento vengono sollevati dal personaggio di Laura Bouchard – Bloom come attrice – nel libro, mentre subisce una violenza a volte frontale, a volte più insidiosa. Di quelle che a volte si realizzano solo anni dopo, dopo riflessioni che solo il senno di poi alla fine permette.

“C’è tutta una riflessione sulla postura, su cosa intendiamo per aggressività. E tutti noi abbiamo dei bagagli, siamo cresciuti con determinate convinzioni e prospettive. C’è anche la postura che adottiamo per sopravvivere nella vita, a volte scegliamo di non essere una vittima, di essere un sopravvissuto, di chiudere gli occhi, qualunque cosa. Tutto questo mi ha davvero colpito, ed è lì che è nato il personaggio di Laura”.

“La vita”, prosegue l’autore, “è un gioco di prospettive, e non possiamo vedere altro che con il bagaglio che abbiamo. Ciò che vedevo, ad esempio, a 15 anni riguardo a cose che mi erano successe, oggi non le vedo con la stessa prospettiva”.

Il potere delle parole

Fu molto giovane, mentre utilizzava segretamente la biblioteca di famiglia, che Ava Rose Riverin si rese conto dell’impatto che i libri potevano avere. Una scoperta che si è poi cristallizzata nella lettura del Diario di Anna Franka scuola, e che ha finito per farne dei piccoli, nei suoi quaderni di scrittura.

L’autore divenne noto per la prima volta con Sono Pompeinel 2022.

“Non mi è stato permesso di leggerlo perché ero troppo giovane, ma l’ho letto lo stesso. E ho pianto. Mi sono reso conto che le parole erano davvero potenti. Così ho iniziato non solo a leggere, ma anche a scrivere. Poesie, affari davvero strazianti.

Oggi focalizzata su storie “più femministe”, con autrici come Delphine de Vigan, Annie Ernaux e Joyce Carol Oates, Ava Rose Riverin scrive ancora oggi opere strazianti, non necessariamente fatte per essere lette accanto al fuoco “con una buona dose di calore”. cioccolato”, ride.

Ma queste opere – ugualmente divertenti – mirano soprattutto a sensibilizzare, a suscitare qualche riflessione. «Nel primo libro avevo due lettori che venivano a trovarmi per dirmi che la lettura aveva risvegliato in loro qualcosa che li aveva resi consapevoli di essere vittime di violenza ordinaria, insieme ai loro coniugi. Mi dico che se ha questo impatto, solo su due persone, ha già vinto”.

Il suo secondo romanzo è appena uscito, la Saguenéenne d’origine, montatrice professionista da una quindicina d’anni, ne sta già preparando un terzo. Questa volta il seguito di Sono Pompeiche trasporterà i lettori un quarto di secolo dopo.

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