Per Mitch, che, dopo la morte dei genitori, ha acquistato una piccola libreria, lo sgomento compete con la rabbia. Quando scopre che sotto l’edificio c’è un grande locale che un tempo fungeva da sala di vendita clandestina e da bisca, gli nasce l’idea di farne un luogo di incontro per coloro che dicono no all’ingiusta legge HB 1467.
Circondato da pochi alleati – il suo ex professore di lettere, un vecchio musicista, uno studente impertinente – comincia a organizzare letture e dibattiti. Ahimè!, non ci vuole molto perché venga catturato e vada direttamente in prigione, senza passare dal punto di partenza. Cinque anni dietro le sbarre che cambieranno un uomo.
Allo stesso tempo, Anna, giovane chef di talento, torna dal grande freddo canadese per aprire il suo ristorante nella stessa città. Anche lei ha dei conti da regolare con autorità.
Una legge ingiusta
È difficile non vedere, dietro il controllo del governatore sulle menti delle persone, quello di Donald Trump e del suo team conservatore sul popolo americano. Marc Levy non ha mai nascosto la sua inimicizia per il presidente e, ancora una volta, la ritroviamo, appena nascosta, in questo nuovo romanzo.
Ma la cosa più folle, senza dubbio, è che la legge HB 1467, denunciata dall’autore, esiste davvero. È stato firmato dal Governatore della Florida il 25 marzo 2022 e ora consente a qualsiasi residente nello stato di rimuovere libri dai programmi educativi, dalle biblioteche scolastiche e pubbliche accessibili ai minori.
Alla fine del suo romanzo, Marc Levy cita le opere interessate e le ragioni della loro “esilio”. Per uccidere un tordo beffardodi Harper Lee (Parigi, de Fallois, 2005), è “contestato per il livello linguistico e il trattamento di argomenti razziali“, Amatodi Toni Morrison (Christian Bourgois, 1989), “per scene di violenza e contenuti sessuali“. Allarmante.
⇒ La biblioteca dei libri vietati | Romanzo | Marc Levy | Robert Laffont, 345 pp., € 21,90, digitale € 15
ESTRARRE
“Durante le prime settimane della sua incarcerazione, Mitch non riusciva a credere che quello che gli era successo o che avrebbe trascorso i successivi cinque anni della sua vita in prigione per aver ‘spacciato’ libri, armi, droghe o un prodotto pericoloso avrebbe potuto giustificare tale una sanzione, ma come potremmo temere le parole a tal punto?