Atteso il 5 dicembre presso Éditions Les Échappés, “Charlie Liberté, il diario della loro vita” celebra il loro lavoro attraverso una selezione di disegni, testi e testimonianze su più di 200 pagine. Le ultime sono dedicate anche all’ex webmaster del settimanale, Simon Fieschi, gravemente ferito nel 2015 e morto lo scorso ottobre all’età di 40 anni, una settimana prima che l’opera andasse in stampa… “L’idea è stata quella di parlare dei dispersi”, “che cosa facevano anche loro prima di arrivare a Charlie” e “come” sono arrivati lì, racconta Gérard Biard, caporedattore del giornale.
«Libero»
Per “continuare, in qualche modo, a tenerli in vita e a far mentire i due terroristi che, dopo aver commesso la loro strage, abbandonarono la redazione” al grido di “Abbiamo ucciso Charlie Hebdo!” », continua il giornalista. “Non hanno ucciso Charlie Hebdo”, che vende 50.000 copie ogni settimana, secondo Gérard Biard. Per quanto riguarda i dispersi, “non sono morti neanche loro”, poiché il loro lavoro “non è invecchiato per niente”, sostiene.
Oltre alle loro creazioni per il settimanale dall’umorismo corrosivo – da Maurice e Patapon, il cane e gatto anticapitalista di Charb, alla rubrica “Charlie Divan” di Elsa Cayat – il libro ritorna ai primi schizzi di Cabu, vincitore a 19 anni del un concorso per una marca di penne, la passione di Honoré per gli animali o l’amore per la lingua francese di Mustapha Ourrad… Si tratta di per dare al lettore il “voglio di essere libero così com’era”, spiega Riss, il regista di Charlie, nell’introduzione del libro. “Non creiamo Charlie Hebdo per caso”, sottolinea Biard, ricordando che François Cavanna e il professor Choron lo fondarono nel 1970 per “scrivere e leggere lì ciò che non potevano leggere altrove” e aggirare la censura del potere gollista nei confronti la loro rivista Hara Kiri.
“Charlie Liberté” inaugura così le commemorazioni dei dieci anni degli attentati del gennaio 2015 contro il giornale, un poliziotto di Montrouge e l’Hyper Cacher, che provocarono 17 morti.
Numero speciale
Il settimanale pubblicherà anche un numero speciale di 32 pagine a gennaio, che comprenderà i migliori disegni del concorso internazionale di caricatura #RiredeDieu, lanciato fino a metà dicembre per denunciare “l’influenza di tutte le religioni” sulle libertà. Ripercorrerà anche l’entusiasmo attorno alle caricature di Maometto, all’origine delle manifestazioni violente nei paesi musulmani, pubblicate inizialmente nel 2005 dal quotidiano danese Jyllands-Posten e riprese dal settimanale nel 2006.
Charlie Hebdo ha ripubblicato nel 2020 questi disegni, “prove” alla vigilia dell’apertura del processo per gli attentati del gennaio 2015, così come la copertina disegnata nel 2006 da Cabu, “volutamente fraintesa” dai suoi detrattori, secondo Biard. . Questa prima pagina, in cui Maometto “sopraffatto dai fondamentalisti” giudica che “è difficile essere amati dagli idioti”, appare su “Charlie Liberté”. Nel 2015, una settimana dopo l’omicidio, il giornale raffigurava il profeta con in mano un cartello “Je suis Charlie”, sotto il titolo “Tutto è perdonato”.