Quanto vale l’ultimo romanzo di Grégoire Bouillier?

Quanto vale l’ultimo romanzo di Grégoire Bouillier?
Quanto vale l’ultimo romanzo di Grégoire Bouillier?
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“Chiarire non significa gettare tutta la luce sul dramma, ma chiarire i termini stessi della sua oscurità.” Una bella frase, tratta dal Il cuore non cedeIl romanzo precedente di Grégoire Bouillier, un imponente monumento di quasi 1000 pagine che ripercorre la vera storia di una donna che si lasciò morire di fame per 45 giorni, tenendo un diario della sua agonia, riassume perfettamente l’impresa portata avanti da questo strano uccello letterario da oltre 20 anni.

La morte è in agguato ovunque

Con un ” IO “ schietto o dietro pseudonimi coloriti, come il famoso detective GB Baltimore, un doppio di carta che usa nei suoi ultimi due romanzi, Grégoire Bouillier conduce le indagini. Indaga la letteratura stessa ponendo costantemente la questione della forma, mescolando autofiction invadente, agitazione sociale e vero criminedistorcendo bruscamente il linguaggio. Ma soprattutto indaga su se stesso, scava a fondo nelle sue ossessioni e nei suoi pensieri oscuri. Dopo l’infanzia trascorsa a Segnalamii suoi amori in Il file Mle sue passioni morbose in Il cuore non cede no, questa volta esamina un disordine passeggero che non passa, un’idea fissa, come un’intuizione del peggio.

Un giorno, quando decide di confrontarsi con il NinfeeIl capolavoro di Claude Monet: l’autore è colto da un terribile attacco di ansia. La sindrome dell’Orangeriedal nome del luogo dove è esposto il quadro, così chiama il male che lo sta divorando. Con quali segreti, nascosti dentro il Ninfeeè provocata questa oscura vertigine? Ma, in effetti, perché passare la vita a dipingere queste strane piante acquatiche?

È convinto che la morte sia in agguato ovunque attorno a questi giganteschi pannelli, offerti alla Francia il giorno dell’armistizio della prima guerra mondiale. La morte di milioni di soldati, tra cui molti amici del pittore – Péguy, Apollinaire o Mirbeau -, la morte del figlio Jean, colpito dalla malattia, quella della prima moglie Camille, che ha dipinto fino ai suoi ultimi istanti, ma anche morti più metaforiche come quella della sua vista mentre diventa gradualmente cieco.

Girare in tondo

Come sempre con Grégoire Bouillier, la strada si snoda fino alle profondità della sua mente. Perché nei suoi libri, non è tanto la destinazione a contare quanto i sentieri tortuosi che si prendono per arrivarci. La sua abilità è formidabile quando si tratta di costruire improbabili intrecci narrativi. Si autoinvita costantemente alla festa, moltiplica le affermazioni prima di contraddirsi, divaga, persino delira, rivelando le sue folli teorie, tra cui una sul professor Tournesol che è particolarmente confusa.

Nel corso di un capitolo folle, realizza anche in parte il sogno espresso in Il cuore non cedequello di scrivere un libro composto solo di eserghi. È geniale, anche un po’ vistoso. È il problema di Grégoire Bouillier e l’unico lato negativo che si può vedere in questo libro. Volendo mettersi troppo in mostra, l’autore finisce a volte per girare in tondo nel suo mondo. Un po’ escludente per il lettore. Un po’ sconcertante anche, quando la ricerca dell’impresa formale prende il sopravvento su tutto il resto. Come possiamo capire, ad esempio, questo capitolo in cui l’autore racconta in parallelo la sua visita a Giverny e quella ai campi di sterminio di Auschwitz, e che, attraverso la magia della scrittura, i due ambienti arrivano a fondersi?

Esperimenti letterari

Critiche che abbiamo visto fiorire qua e là e che forse spiegano la notevole assenza del romanzo tra le principali selezioni per i premi letterari, sebbene facesse parte della preselezione per il Fnac Novel Prize 2024. Tuttavia, l’autore non attraversa mai il Rubicone dell’arroganza letteraria. La sindrome dell’Orangerie è soprattutto un impressionante esercizio di stile, un’opera scomposta e sconclusionata, realizzata a ritmo serrato.

Questa immersione nei segreti e nelle leggende del “ Sistina dell’Impressionismo” pone una domanda affascinante, che Daniel Arras aveva già posto nel suo saggio Non possiamo vedere niente : quali forze si risvegliano in noi quando guardiamo un dipinto? A metà strada tra studio dell’arte, narrazione storica e autofiction frammentaria, Grégoire Bouillier spinge i suoi esperimenti letterari ancora più in là e non ci stanchiamo mai di vagare nella sua mente folle.

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