Lunedì la Georgia ha vissuto la quinta serata consecutiva di manifestazioni su larga scala nella capitale Tbilisi. I manifestanti denunciano la decisione del governo di congelare il processo di adesione all’UE fino al 2028.
Pubblicato il 03/12/2024 09:51
Aggiornato il 03/12/2024 09:52
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La protesta sta prendendo piede in Georgia, dove lunedì 2 dicembre migliaia di manifestanti hanno invaso nuovamente le strade della capitale Tbilisi. Una quinta serata di grande mobilitazione, con manifestazioni che si sono estese ad altre città, e in particolare a Gori, città natale di Stalin, simbolo del passato sovietico di questo piccolo Paese divenuto indipendente dopo la caduta dell’Urss.
Un clima di protesta che agita il Paese dalla primavera, ma che è tornato in vigore giovedì 28 novembre, quando il Primo Ministro, del partito Georgian Dream, (uscito vincitore dalle contestate elezioni di fine ottobre) ha annunciato il congelamento fino al 2028 del processo di adesione all’Unione Europea. Una decisione che suscitò l’ira di parte della popolazione, e queste manifestazioni furono represse sempre più duramente. Da giovedì scorso sono stati effettuati 224 arresti, le Ong denunciano violenze e attacchi commessi dalle milizie contro i manifestanti, la polizia usa gas lacrimogeni e idranti per disperdere la folla dove sventolano bandiere europee.
Tra crisi elettorale e istituzionale, il momento assomiglia a un punto di svolta in questo paese stretto tra l’influenza russa e l’attrazione della popolazione verso l’Europa, con l’adesione all’UE favorita da circa l’80% della popolazione. Una realtà con cui il governo deve fare i conti, anche se negli ultimi mesi ha adottato una linea sempre più accomodante con Mosca, votando nella primavera scorsa una legge sull'”influenza straniera”, sul modello di una legge russa, per avvicinare la società civile. La sua adozione ha portato Bruxelles a congelare i negoziati sull’adesione, nonostante il paese avesse ottenuto lo status di “paese candidato” nel dicembre 2023.
Da allora, il governo georgiano sembra fare di tutto per fermare il riavvicinamento, anche se il primo ministro Irakli Kobakhidze lo nega, e dice di volere”impegnarsi al massimo nel processo di integrazione europeaUn argomento curioso dopo aver affermato il contrario cinque giorni prima e quando l’obiettivo dell’integrazione è sancito dalla Costituzione del Paese.
“La porta verso l’Europa resta aperta” Lo ha detto lunedì 2 dicembre la diplomazia tedesca, mentre i paesi baltici (Lituania, Lettonia, Estonia) hanno annunciato le prime sanzioni contro esponenti politici georgiani.
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