Ha 17 anni, la vita davanti e il sorriso di chi ritrova una boccata d'aria fresca dopo lunghe settimane di lavoro. Eyüp (il suo nome è stato cambiato) è un bodybuilder, vive a Istanbul con la madre e vola ogni due o tre mesi nel sud del Paese. Pollici incrociati sulla pancia, rosari in mano e berretto bianco in testa, assomiglia esattamente alle decine di altri uomini, giovani e vecchi, seduti sull'aereo questa mattina di ottobre, in direzione della città di Adiyaman.
Come loro, Eyüp è uno delle poche centinaia, a volte anche migliaia, di fedeli che vengono da tutta la Turchia, ogni fine settimana, in questa città grigia e poco attraente. A gruppi, si imbarcano poi sulle navette verso il villaggio di Menzil, sede spirituale della loro confraternita religiosa, situato a una quarantina di minuti dall'aeroporto. Il viaggio si fa tra persone in combutta, che cantano e pregano ad alta voce.
Ultraconservatrice, anche nazionalista, considerata, negli anni 2000, il principale terreno di reclutamento dell'organizzazione dello Stato Islamico nel Paese, la regione è oggi un punto di passaggio obbligato per i seguaci della setta Menzil. Questa è diventata, negli ultimi anni, una delle due o tre organizzazioni islamiche più potenti del Paese, che conta un centinaio, o addirittura il doppio, secondo alcune fonti.
Nessuno conosce il numero esatto dei seguaci di questi ordini mistici di ispirazione sufi, le tariqa (per “via che conduce a Dio”), come vengono chiamati, organizzati attorno alla figura carismatica degli sceicchi ai quali i membri devono obbedienza. Ma in Türkiye tutti sanno che costituiscono una rete considerevole di società civile, anche negli ambienti più ristretti del potere.
Una “età dell’oro”
A dire il vero sono ovunque e da nessuna parte, il più delle volte discreti, anche se talvolta sono ben radicati. Le loro diverse fortune sono soggette a speculazioni. Non passa settimana senza un titolo di stampa dedicato a una confraternita, dove si mescolano storie di successioni, di gestione immobiliare, di opere di beneficenza, di fondazioni, di ospedali, di scuole, di case, di appalti pubblici, di televisioni o di una nebulosa di associazioni.
Nella maggior parte dei casi, i giornali di opposizione al potere islamo-conservatore del presidente Recep Tayyip Erdogan e al Partito Giustizia e Sviluppo (AKP), in carica dal 2002, accusano le autorità, come minimo, di sostenere una sempre più evidente compiacenza nei confronti loro.
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