Nonostante le richieste di clemenza da parte dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, la settimana scorsa Singapore ha impiccato un trafficante di droga. Rosman bin Abdullah, 55 anni, è stato giustiziato per traffico di 57 grammi di eroina.
Secondo le leggi della città-stato, chiunque traffichi più di 15 grammi di eroina o 500 grammi di cannabis rischia la pena di morte.
Da quando le esecuzioni sono riprese nel marzo 2022, dopo una pausa dovuta alla pandemia di Covid-19, le autorità di Singapore hanno effettuato 24 esecuzioni, di cui otto finora quest’anno. L’anno scorso sono stati impiccati 11 trafficanti di droga. Dei 54 attualmente in attesa di esecuzione, tutti tranne tre sono stati condannati per reati di traffico di droga.
Moderna città-stato e centro commerciale internazionale, Singapore – insieme a Kuwait, Arabia Saudita, Iran e Cina – è tra i pochi paesi che impongono la pena di morte per reati di droga.
I risultati della pena di morte
Il consumo di droghe illecite è un problema crescente a livello globale. Il numero stimato di consumatori di droga è aumentato da 240 milioni nel 2011 a 296 milioni nel 2021.
Singapore ha uno dei tassi di dipendenza dalla droga più bassi al mondo: 30 tossicodipendenti ogni 100.000 persone, rispetto ai 600 degli Stati Uniti. La prevalenza una tantum e negli ultimi 12 mesi del consumo di droghe illecite a Singapore è del 2,3% e dello 0,7%, molto inferiore a quella della maggior parte dei paesi sviluppati.
Lì i tossicodipendenti vengono sottoposti a severi programmi di riabilitazione obbligatoria. Quando lasciano i centri di riabilitazione, lo Stato garantisce il loro reinserimento nella società.
Donald Trump, quando era presidente nel 2018, ha espresso interesse per la politica di Singapore di giustiziare i trafficanti di droga, affermando che potrebbe aiutare a risolvere la crisi degli oppioidi. Agirà ora che è tornato al potere?
E i canadesi?
Anche se non si trattasse di traffico di droga, secondo un recente sondaggio, la maggioranza sarebbe favorevole al ritorno alla pena capitale in Canada, partendo dal 52% in Quebec e raggiungendo il 62% in Saskatchewan e Manitoba. Gli elettori conservatori sarebbero favorevoli al 69%, i liberali al 56% e i nuovi democratici al 49%.
I canadesi sarebbero favorevoli al ritorno della pena di morte, tra l’altro, come pena adattata alla gravità del crimine, e perché farebbe risparmiare anche il denaro dei contribuenti, compresi i costi legati alla detenzione del colpevole per molti anni.
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