NARRATIVA – A nord di Sfax, più di 50.000 migranti sub-sahariani sono accampati in attesa di raggiungere l’Europa. Vivendo come animali all'ombra degli ulivi, alla mercé dei trafficanti tunisini e degli attacchi della Guardia Nazionale finanziati dalla Commissione Europea, si sentono in trappola. Alcuni vorrebbero addirittura tornare a casa.
Camminano scalzi, in pantofole o indossando scarpe da ginnastica trovate in riva al mare. A gruppi di tre o quattro, questi cittadini africani, vestiti con piumini scuri, si riversano nel nord della Tunisia: il sogno dell'Europa è alla loro portata. Presto sulla loro barca tremeranno tanto di freddo quanto di paura.
“Siamo partiti verso le 22 senza luce, senza fare rumore, racconta a Bilal, un ciadiano di 19 anni, del suo tentativo di raggiungere la costa italiana due mesi fa. Avevamo camminato 4 chilometri di notte portando la nostra barca sulle spalle. Eravamo in 48, quindici di troppo… Alcuni si sono aggiunti all'ultimo momento. Donne con bambini… Al largo, abbiamo avviato il motore. A bordo avevamo otto taniche di benzina, sufficienti per arrivare in Italia. E poi la Guardia nazionale tunisina ci ha bloccato per 16 chilometri prima di entrare nelle acque italiane. La loro barca si avvicinò, girò nell'acqua sempre più vicina…
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