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“Il clima è anche l’economia, con una concorrenza spietata tra Cina, Stati Uniti e Unione Europea”

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UUna delle principali sfide della COP29, che si terrà a Baku, in Azerbaigian, dall’11 al 22 novembre, è quella di aggiornare l’obiettivo fissato nel 2009 alla COP15 di Copenaghen (Danimarca), quando i paesi sviluppati si impegnarono, su proposta di Barack Obama , mobilitare 100 miliardi di dollari (circa 94 miliardi di euro) all’anno entro il 2020 per aiutare i paesi in via di sviluppo a mitigare gli effetti del cambiamento climatico e ad adattarsi ad esso – una promessa che sono riusciti a mantenere solo nel 2022.

A Baku si tratterà di rinnovare questi impegni e di svilupparli “nuovi obiettivi collettivi quantificati per la finanza climatica”secondo la terminologia ufficiale. Sarà complicato, i dibattiti saranno aspri e i risultati saranno ovviamente insoddisfacenti. Ma un recente intervento della Cina nella preparazione dei negoziati potrebbe sconvolgere ulteriormente l’agenda.

Per la prima volta nel corso di una COP si dovrà infatti parlare di misure di protezione delle frontiere e quindi di concorrenza economica tra le grandi potenze. Il 5 novembre la Cina, a nome del gruppo Basic (Brasile, Sud Africa, India Cina), che coordina le grandi economie emergenti nei negoziati sul clima, ha chiesto che le questioni relative alle barriere commerciali fossero messe in primo piano nell’agenda: “Le misure unilaterali di restrizione commerciale adottate dai paesi sviluppati, con il pretesto degli obiettivi climatici, costituiscono una preoccupazione sistemica, con conseguenze negative sproporzionate per i paesi in via di sviluppo. »

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La Cina spera così di sbarrare la strada agli ingenti dazi doganali applicati dagli Stati Uniti, nonché al meccanismo di adeguamento delle frontiere del carbonio (CBAM) dell’Unione Europea. Due misure il cui obiettivo è limitare le importazioni a basso costo dalla Cina, in particolare di veicoli elettrici. Queste importazioni infatti costituiscono oggi un pericolo esistenziale per le industrie americane ed europee.

Un argomento forte

L’Unione europea ha sempre sostenuto che le questioni commerciali dovrebbero essere affrontate dagli organi competenti dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e non nell’ambito dei negoziati sul clima nei forum delle Nazioni Unite. La richiesta cinese può però fondarsi su solide argomentazioni.

È anche uno dei fondamenti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. [CCNUCC, ou UNFCCC en anglais] adottato nel 1992 (uno dei suoi cinque “principi” principali): “Le misure adottate per combattere il cambiamento climatico, comprese le misure unilaterali, devono essere evitate che costituiscano un mezzo per imporre discriminazioni arbitrarie o ingiustificabili nel commercio internazionale, o ostacoli mascherati a tale commercio. »

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