L’Italia sta attuando il suo piano per la ricollocazione parziale dei migranti. Lunedì trasferirà un primo gruppo di persone nei centri che gestisce in Albania. Sono aperte le due strutture finanziate da Roma sul territorio albanese.
I migranti, di cui non è stato specificato numero e provenienza, verranno trasferiti al centro di registrazione situato presso il porto di Shëngjin e a quello allestito presso l’ex base militare di Gjader, a una ventina di chilometri di distanza.
Inizialmente annunciati per essere operativi ad agosto, i due centri accoglieranno gli uomini intercettati in mare mentre tentano di raggiungere le coste europee. Le “persone vulnerabili”, come donne e bambini, non sono interessate.
Le due strutture sono identiche ai centri di accoglienza e detenzione presenti in Italia, assicura il governo italiano. Dovrebbero essere in grado di ospitare fino a 36.000 persone all’anno. Le domande di asilo saranno esaminate in loco. I migranti non potranno lasciare i centri finché non avranno una risposta.
Tutto ciò che accade all’interno del campo è di responsabilità degli italiani, mentre la sicurezza esterna è assicurata dalle forze di sicurezza albanesi.
Un accordo controverso
Firmato dal capo del governo italiano Giorgia Meloni e dal suo omologo albanese Edi Rama nel novembre 2023, l’accordo è stato fortemente criticato dalle ONG per i diritti umani.
Per l’opposizione c’è motivo di vergognarsi. “È la Guantánamo italiana”, denunciano.
Italia e Ungheria hanno proposto di estendere il principio a livello europeo. I paesi vogliono creare “hub di rimpatrio” – centri in cui verrebbero rimpatriati i migranti illegali nei paesi al di fuori dell’UE. Una proposta che potrebbe essere discussa al vertice europeo del 17 e 18 ottobre a Bruxelles.
ostolu con Antonino Galofaro e afp
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