I ministri degli Interni dell’Unione Europea hanno discusso giovedì in Lussemburgo di un ulteriore inasprimento della politica migratoria, tra richieste di revisione della “direttiva rimpatri” e discussioni infiammabili sui trasferimenti di migranti verso paesi terzi.
Nel mirino il vertice europeo del 17 e 18 ottobre a Bruxelles, dove i capi di Stato e di governo si occuperanno del rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne dell’Ue e dell’accelerazione dei rimpatri degli immigrati clandestini.
Ungheria e Italia hanno sollevato nel dibattito una proposta controversa di “hub di ritorno”, centri in cui i migranti illegali verrebbero rimpatriati verso paesi al di fuori dell’Unione.
Questi “hub” si ispirano all’accordo concluso dal governo di Giorgia Meloni, leader del partito post-fascista Fratelli d’Italia, con l’Albania, secondo cui due centri accoglieranno i migranti arrestati nelle acque italiane.
Ricordano anche il piano abbandonato dalla Gran Bretagna di espellere in Ruanda i migranti arrivati illegalmente nel Regno Unito.
A livello europeo si tratta di una strada semplice con poche possibilità di successo. “Questa non è una proposta della Commissione europea”, ha affermato Ylva Johansson, commissaria agli Affari interni. “Facciamo una montagna con pochissime cose.”
L’incontro ministeriale è stato, tuttavia, caratterizzato da toni più duri nei confronti dell’immigrazione all’interno dell’UE.
“L’atteggiamento nella sala è cambiato”, ha subito esultato l’olandese Marjolein Faber, membro del Partito per la Libertà (PVV) di Geert Wilders, di estrema destra.
“Non dobbiamo escludere a priori alcuna soluzione”, ha detto il nuovo ministro degli Interni francese Bruno Retailleau riguardo a questi “hub”, a differenza della Spagna che respinge la proposta.
Cauta la tedesca Nancy Faeser, che ricorda che i rimpatri richiedono un “accordo con un (terzo) Stato partner”, il principale “problema pratico”.
Più concretamente sul piano legislativo, diversi Paesi europei chiedono una revisione della “direttiva rimpatri” del 2008 che armonizza le norme sull’espulsione alle frontiere.
Francia e Germania hanno appena sostenuto una nota dei Paesi Bassi e dell’Austria sull’argomento al fine di “facilitare” e “accelerare” i rimpatri.
Rivedere la “direttiva rimpatri”
Bruno Retailleau, che ne ha fatto il suo cavallo di battaglia e continua a dimostrare la sua fermezza sulle questioni migratorie, ha accolto favorevolmente una “convergenza” europea. Proveniente dalla destra conservatrice, il francese ha chiesto una revisione della direttiva europea “nei prossimi mesi”.
Tuttavia, il tema sembrava delineato dopo l’adozione, a metà maggio, del patto sull’asilo e sull’immigrazione che ha rafforzato i controlli e istituito un meccanismo di solidarietà tra i 27 nella cura dei richiedenti asilo.
L’entrata in vigore di questa vasta riforma è prevista per la metà del 2026, ma molti Stati membri spingono per andare oltre.
Appena dopo la firma del patto, una quindicina di paesi, tra cui Grecia e Italia, avevano chiesto una politica di espulsione “più efficace”, che “potesse” includere “meccanismi” “hub”, fuori dall’Europa.
Secondo Eurostat, nel 2023, 484.160 cittadini di paesi terzi hanno ricevuto l’ordine di lasciare l’UE e 91.465, ovvero il 18,9%, sono stati effettivamente rimpatriati.
Dopo una serie di successi elettorali dell’estrema destra, come recentemente avvenuto in Austria, “il tema dell’immigrazione è tornato”, sottolinea l’analista Eric Maurice, dell’European Policy Center di Bruxelles.
“C’è una manifestazione politica”, mentre “non siamo nella crisi migratoria del 2015”, stima dal canto suo Sophie Pornschlegel, del think tank Europa Jacques Delors.
All’inizio della settimana, l’Ungheria del nazionalista Viktor Orban ha chiesto a Bruxelles un’esenzione dalle norme Ue sull’asilo, seguendo l’esempio dei Paesi Bassi, anche se questa procedura difficilmente avrà successo.
“Questo non è possibile secondo i trattati europei”, ha affermato la commissaria europea Ylva Johansson.
In Germania, dopo l’emozione suscitata dagli attacchi islamici e di fronte ai successi elettorali dell’AfD (estrema destra), il governo del socialdemocratico Olaf Scholz ha recentemente ristabilito i controlli su tutti i suoi confini, per un periodo di sei mesi.
La decisione non è vietata dalle regole di Schengen ma ha causato imbarazzo alla Commissione europea, la quale sottolinea che tali misure devono restare “eccezionali” e “proporzionate”.
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