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Simposio al Sinodo: i vescovi chiamati ad essere “fratelli e amici”

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L’Assemblea Generale del Sinodo sulla Sinodalità ha ospitato mercoledì 9 ottobre un forum teologico e pastorale sul “ruolo e l’autorità del vescovo in una Chiesa sinodale”.

Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano

«Il ruolo e l’autorità del vescovo in una Chiesa sinodale» era il titolo di uno dei due forum teologico-pastorali organizzati nell’ambito del Sinodo questo mercoledì 9 ottobre. Presso il Pontificio Istituto Patristico Augustinianum a Roma, la professoressa Anna Rowlands, membro del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e titolare della Cattedra Saint Hilda di Pensiero e Pratica Sociale Cattolica presso l’Università di Durham nel Regno Unito, ha moderato gli interventi dei vari relatori, i quali partecipano tutti anche all’Assemblea Generale del Sinodo sulla sinodalità.

La giuria era composta dal cardinale eletto Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, Italia, suor Gloria Liliana Franco Echeverri, teologo Carlos Maria Galli, professore presso la Facoltà di Teologia dell’Università Cattolica Argentina, professor Matteo Visioli, sacerdote della Diocesi di Parma, e la professoressa Gille Routhier, docente di ecclesiologia e teologia pratica all’Università Laval, in Quebec, e all’Istituto Cattolico di Parigi in Francia.

Per lavorare”In» e «versare»la Chiesa

Primo relatore, il professor Galli ha presentato la figura dei vescovi in ​​termini di “fratelli” E “amis“, notando quello che lui chiamava un “novità» del Concilio Vaticano II: cfr «nell’episcopato, nel “noi del popolo di Dio”, la realizzazione della Chiesa nel suo pellegrinaggio nel mondo“. Per il professor Galli si tratta di una fondazione che prevede la figura episcopale impegnata”In» e «versare» la Chiesa, con lo stesso «dignità filiale» del suo popolo. “Presiedere”, secondo il professor Galli, coinvolge diverse funzioni, soprattutto “proclamazione» e il “testimonianza“. L’obiettivo finale deve restare quello di”discernere i carismi delle persone e delle comunità, a servizio della missione evangelica».

Il modello della figura episcopale è sempre Gesù, capace di “governare servendo“. L’autorità ecclesiastica quindi non possiede “tutti i carismi“, ha detto. Il vescovo puòvegliare» ma non «fare tutto“. Si ritiene quindi necessaria anche la capacità di delegare, senza nascondere la presenza di proprie debolezze personali. Il professor Galli ha concluso il suo intervento con due domande: “i vescovi hanno consiglieri per questioni pratiche complesse, ma hanno consiglieri teologici?» e «I vescovi sono responsabili davanti a Dio del loro ministero, come possono essere responsabili davanti al popolo di Dio nel suo insieme?»

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Forum teologico-pastorale sul “ruolo e l’autorità del vescovo nella Chiesa sinodale”.

Sempre dipendente dal popolo di Dio

Mons. Repole ha seguito il professor Galli, con un intervento citando i testi conciliari, capaci di definire il ministero ordinato in “termini precisi» e mi piace “servizio della Chiesa“. Il ministero ordinato, però,”non implica la sua indipendenza dalla porzione del popolo di Dio che le è stata assegnata“. L’arcivescovo di Torino è d’accordo con il professor Galli nel raffigurare la figura del vescovo come quella di un uomo”capace di raccogliere tutti i doni che lo Spirito infonde“. Sebbene tali affermazioni potrebbero essere prese in considerazione “evidente“, si sono tuttavia concretizzati grazie al Concilio Vaticano II, che ha segnato la transizione”del sacerdozio che ha avuto come modello il sacerdozio orientato all’Eucaristia“al”concezione del ministero ordinato articolato in tre gradi e orientato all’annuncio, alla celebrazione e all’accompagnamento pastorale».

Questo è un modellofondamentalmente ignaziano», ha sottolineato mons. Repole, in riferimento a sant’Ignazio di Antiochia. Tuttavia, ha continuato, rappresenta “il modello del vescovo in una piccola Chiesa”, che può essere interpretato come uno che “presiede quotidianamente l’Eucaristia“. Tale visione, ha detto, quando viene applicata “ai diversi modelli di Chiesa, possono creare cortocircuiti che questo Sinodo può sciogliere».

«Mettiti al lavoro!»

Ha poi preso la parola suor Gloria Liliana Franco Echeverri, con un intervento in cui ha detto ai vescovi presenti in sala che la loro chiamata li fa “nostri servi e nostri fratelli“. Li ha invitati a pregare”affinché tu riesca a configurarti allo stile di Cristo».

Suor Gloria ha chiesto ai pastori una maggiore inclusione nelle loro agende, “senza perdere tempo con questioni burocratiche». «Non nascondere nulla, non seppellire nulla“, ha esortato la religiosa riguardo alla drammatica piaga degli abusi, aggiungendo che “nessun abuso di sorta“, non deve”spegni la voce del pastore“. Il vescovo, prosegue suor Echeverri, è invitato a chinarsi per sussurrare ai membri della sua comunità: “Esisti, sei importante».

Altro punto affrontato è quello della conoscenza da parte dell’autorità ecclesiastica della realtà in cui opera. “Siate umili, abbiate l’umiltà di chi impara“, ha detto. Ci sarà anche un momento”dove ti sentirai sopraffatto“, ha continuato suor Gloria, che ha incoraggiato i vescovi a “cercare di promuovere reti, collegamenti, relazioni“. La religiosa ha concluso il suo intervento tornando al concetto di vescovo come “fratello»: «Nessuno ti impedirà di essere più amorevole di noi“, ha detto. “Quindi mettiti al lavoro!»

Nel mezzo dell’assemblea

Il quarto relatore è stato il professor Routhier, il cui messaggio si è concentrato sulla natura del vescovo come “fratello tra fratelli“. Per quanto riguarda le funzioni del vescovo si usano diverse preposizioni, ma raramente”con», «In” O “nel mezzo di» (in riferimento al popolo cristiano), secondo il professore. La posizione del vescovoè quindi molto complesso. Tuttavia non è mai separato dalla comunità che presiede.».

Luce delle gentiha osservato il professor Routhier, “prima presenta il popolo di Dio, poi ci parla dei vescovi“. Questo deve esserela struttura della Chiesa: un’assemblea in cui è inserita la figura del vescovo“. Quando il vescovo prega, non lo fa”a suo nome“, ma comprendendo tutta l’assemblea, ha osservato.

La necessità di trasparenza

Infine, nell’Aula Magna dell’Augustinianum, è intervenuto il professor Matteo Visioli. Il suo intervento si è incentrato sul concetto di “energia”, suddiviso in due dimensioni: “ordine» e «giurisdizione», il primo riferito agli atti sacramentali, il secondo alle funzioni di governo.

Questa distinzione ha tre conseguenze, secondo il canonista italiano. “Al di là della dottrina da adottare, bisogna pensare al ministero come ad un governo condiviso“. Non deve quindi tendere alle tendenze”monarchico» malgrado l’attribuzione di “la pienezza del sacramento dell’Ordine».

Secondo, il vescovo”può e deve“delegare ad appropriati membri dei fedeli laici”compiti di responsabilità nel governo della Chiesa». «Può e deve“, ha ripetuto il professor Visioli, insistendo sul fatto che “energia» non può impedire ai vescovi «riferire del proprio operato secondo una logica di trasparenza».

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Forum teologico-pastorale sul “ruolo e l’autorità del vescovo nella Chiesa sinodale”.

Domande dal pubblico

Uno spazio è stato poi riservato alle domande del pubblico. Il professor Galli ha ricordato un libro, scritto da un “ecclesiologo sconosciuto“, intitolato Ecclesiologo in divenireL’ecclesiologo in divenire”, che lo prevedeva Luce delle genti risulterebbe in “conseguenze imprevedibili ed enormi per il futuro della Chiesa“. Una di queste è proprio l’esperienza del Sinodo, fondata su “ascolto reciproco».

In questo senso il teologo argentino rileva la presenza di un “tensione tra l’ascolto di Dio e l’ascolto degli altri“. Un divario che non dovrebbe esistere. “Dobbiamo discernere nella preghiera, nella nostra coscienza. In questo senso c’è molto da fare“. L’ultimo esempio portato dal professor Galli è la doppia canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II da parte di Papa Francesco.

Sii trasparente, sappi come fare un passo indietro

A margine di questo forum teologico, interrogato da Vatican News sulla nozione di “trasparenza“, il professor Visioli ha spiegato che ci sono due aspetti da tenere in considerazione: “uno è dire, per rendere conto di ciò che facciamo, delle motivazioni e delle scelte del governo. L’altro aspetto, più nascosto e che, a mio avviso, merita di essere riscoperto, è il diritto-dovere di ogni credente di chiedere conto al vescovo o a chi detiene il potere sulle ragioni delle sue scelte.».

«E questo, precisa il professorenon per accusarlo o metterlo a disagio, ma, al contrario, per portarlo fuori da questa solitudine decisionale che tante volte il vescovo sente nei confronti di se stesso».

Allo stesso modo, il sacerdote ha sottolineato che “impegno e dialogo con gli altri vescovi» sono un modo per un pastore di capire quando è necessario delegare e fare un passo indietro. “Discernimento“, ha rimarcato il sacerdote italiano, non si fa mai da soli, questo Sinodo ce lo insegna, ed è per questo che tutte le questioni che riguardano “quando posso» devono essere portati davanti a un forum adeguato di discernimento, che è quello della comunione ecclesiale: vescovi tra loro, vescovi con il popolo di Dio.

«La rispostaha concluso con una nota di speranza il professor Visioli, verrà sicuramente».

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