Venerdì in Romania inizierà lo spoglio delle schede per le elezioni presidenziali. Ciò in un contesto di timori di cancellazione del voto, con le autorità che puntano all’influenza russa e al ruolo della piattaforma TikTok.
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29 novembre 2024 – 14:07
(Keystone-ATS) Nel mezzo dei disordini, i partiti si stanno preparando per le elezioni legislative di domenica, con l’estrema destra determinata a confermare la propria svolta. Sotto lo sguardo preoccupato dell’Occidente che teme un riorientamento strategico nel vicino stato dell’Ucraina, membro leale dell’UE e della NATO.
In tutto il Paese, grandi sacchi sono stati portati ai seggi elettorali per un processo di riconteggio che potrebbe durare tre giorni, a porte chiuse.
Raccontare criticato
Questa decisione della Corte Costituzionale, investita di una richiesta di annullamento presentata da un candidato escluso, suscita numerose critiche.
Il partito di centrodestra Usr, la cui leader Elena Lasconi è arrivata seconda di poco, ha presentato ricorso, mentre i liberali hanno criticato una sentenza “confusa” che non fa altro che alimentare preoccupazioni e tensioni.
Sono emersi dubbi anche sulla trasparenza del processo, mentre è stato negato l’accesso a osservatori indipendenti.
Il “trattamento preferenziale” di TikTok
Nelle reti e nelle strade, la Romania è in subbuglio. “Gran parte della società è scioccata, un’altra è euforica”, riassume il politologo Remus Stefureac per l’AFP.
Da un lato il candidato di estrema destra Calin Georgescu, inaspettatamente primo al primo turno, difende la legittimità del voto dei rumeni. D’altra parte ci sono accuse da parte delle autorità.
Secondo il Consiglio Supremo di Difesa Nazionale, questo ex alto funzionario ha beneficiato di un “trattamento preferenziale” da parte di TikTok, cosa che il social network ha “categoricamente” negato.
Si è parlato anche di “attacchi informatici” volti a “influenzare la regolarità del processo elettorale”, rilevando “un crescente interesse” da parte della Russia “nell’attuale contesto di sicurezza regionale”.
Il primo ministro Marcel Ciolacu, eliminato dalla corsa, ha lanciato lo spettro di “elezioni rubate”, pur assicurando che non si ricandiderà in caso di nuovo voto.
L’estrema destra si aspettava in forze
È in questo contesto esplosivo che i romeni tornano alle urne domenica, festa nazionale, questa volta per eleggere il Parlamento.
Dopo tre decenni di vita politica strutturata da due grandi partiti, gli analisti prevedono un emiciclo frammentato e negoziati difficili per formare un governo.
Secondo i sondaggi, l’estrema destra detiene oltre il 30% delle intenzioni di voto. Cosa mai vista finora in questo Paese, lontano dalle ondate nazionaliste osservate nel resto della regione ma agitato dalla rabbia e dalle frustrazioni della popolazione, di fronte a un’inflazione record e a una classe politica considerata incompetente e arrogante.
Sono presenti diversi partiti di questo schieramento politico: in lizza il partito AUR (Alleanza per l’unità dei romeni), il cui candidato George Simion ha ottenuto quasi il 14% alle elezioni presidenziali, ma anche SOS Romania, guidata dal tempestoso pro- La candidata al Cremlino Diana Sosoaca.
Dopo la sorpresa di Georgescu-Roegen, è apparso un nuovo partito, il POT (Partito della Gioventù), che lui sostiene, e potrebbe superare la soglia del 5% necessaria per entrare in Parlamento.
Grande di Donald Trump
“Siamo qui, in piedi, vivi, più numerosi che mai e con un’enorme opportunità davanti a noi”, ha detto ai suoi sostenitori Simion, un grande fan di Donald Trump, sognando allo stesso tempo una vittoria per l’estrema destra. nella presidenza e nel Parlamento.
Nel campo europeo opposto, il partito USR – che spera di fare bene – evoca “una battaglia esistenziale”. “Un confronto” tra chi vuole “preservare la giovane democrazia rumena” nata dalla rivoluzione del 1989 e chi vuole “tornare nella sfera d’influenza russa”.
Laminati, i socialdemocratici e i liberali, attualmente al potere in una coalizione, mettono a disposizione la loro “esperienza” per cercare di limitare i danni.
“Tutte le carte sono rimescolate”, conclude il politologo Remus Stefureac, immaginando la possibilità di un governo di unità nazionale di fronte ai rischi per la sicurezza con la guerra alle porte della Romania.