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– Settembre 2024. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu interviene alla 79a sessione dell’Assemblea generale presso la sede delle Nazioni Unite.
Questo giovedì, la Corte Penale Internazionale (CPI) ha emesso mandati di arresto contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e il capo del braccio armato di Hamas Mohammed Deif, la cui morte, tuttavia, l’esercito israeliano ha annunciato in agosto, che l’organizzazione sciita confuta. Questi mandati sono stati emessi”per crimini contro l’umanità e crimini di guerra“, ha dichiarato la Corte in due distinti comunicati stampa.
«È una giornata buia per [la CPI]che ha perso ogni legittimità ad esistere e ad agire», ha reagito su X il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar. Il tribunale dell’Aiasi è comportato come un giocattolo politico al servizio degli elementi più estremisti che lavorano per minare la sicurezza e la stabilità in Medio Oriente“, ha aggiunto. Hamas, dal canto suo, saluta”un passo importante verso la giustizia”, senza commentare il proprio destino.
Che cosa significa questa procedura e qual è la sua portata?
Dal 2002, la CPI svolge un ruolo centrale nella lotta contro l’impunità per i crimini più gravi che colpiscono la comunità internazionale. Il suo trattato istitutivo, lo Statuto di Roma, prevede la possibilità di emettere un mandato di arresto nei confronti di una persona quando vi sono fondati motivi per ritenere che la persona abbia commesso un crimine di guerra, un crimine contro l’umanità, un genocidio o un crimine di aggressione. Questi crimini, definiti con precisione nel diritto internazionale, devono essere stati commessi dopo l’entrata in vigore dello Statuto nel 2002, limitando così la portata temporale della giurisdizione della CPI.
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Questo mandato d’arresto mira a garantire la comparizione dell’imputato davanti alla Corte. Non essendo in alcun modo un atto unilaterale, l’emissione del mandato risulta quindi dalla convalida, da parte di una camera preliminare di giudici, delle prove e delle argomentazioni presentate dal Procuratore della CPI.
Un’esecuzione complessa, dipendente dagli Stati
Una delle grandi sfide della Corte penale internazionale è l’assenza di proprie forze di polizia. L’esecuzione dei suoi mandati si basa sulla cooperazione degli Stati parti, che hanno l’obbligo di consegnare i sospettati presenti sul loro territorio. In realtà, questa cooperazione è ineguale. Alcuni Stati, per ragioni politiche o diplomatiche, scelgono di non conformarsi. Questo è stato il caso dell’ex presidente sudanese El-Bashir, che ha potuto recarsi nei paesi aderenti allo Statuto di Roma senza essere disturbato. Tuttavia, anche quando la minaccia viene aggirata, essa agisce comunque come una spada di Damocle sulla testa della persona interessata, riducendone la mobilità e incidendo sulla sua immagine sulla scena internazionale.
Fino ad ora, la maggior parte dei mandati riguardava leader di regimi autoritari o responsabili di conflitti civili, spesso in paesi non allineati con le principali democrazie occidentali. Nel caso di Benjamin Netanyahu, tale mandato costituisce un precedente simbolico, poiché prende di mira un leader sostenuto da diversi stati occidentali, mettendo potenzialmente in tensione le relazioni internazionali. Anche se la minaccia di arresto rimanesse costante, molti degli alleati strategici di Israele sarebbero probabilmente riluttanti ad arrestarlo.