Pubblicato il 15 novembre 2024 alle 11:50. / Modificato il 15 novembre 2024 alle 12:01.
• Uno studio linguistico esamina le interiezioni e le vocalizzazioni che emettiamo di fronte a determinate emozioni.
• Mostra, in 131 lingue dei cinque continenti, che la vocale a, o il suo equivalente fonetico, si trova spesso nell’espressione del dolore, ma non in quella del disgusto o della gioia.
• La ricerca continua a cercare di spiegare questa particolarità.
Ci sono punti comuni nelle interiezioni delle circa 7.000 lingue parlate nel mondo? Un gruppo di scienziati con sede in Francia, Cina e Australia ha scelto di studiare queste onomatopee, così come le vocalizzazioni non convenzionali. Due modalità espressive a lungo disprezzate dalla comunità scientifica – addirittura considerate spazzatura – perché non presentano complessità. Ora ne sappiamo qualcosa in più grazie allo studio di una selezione di 131 lingue parlate in Sud America, Africa, Asia, Oceania ed Europa.
Fermiamoci un attimo sul vocabolario linguistico che noi stessi abbiamo dovuto rivedere. “Le interiezioni sono elementi della lingua di cui i parlanti della stessa lingua concordano culturalmente sul significato e sulla forma, che sono oggetto di una convenzione”, spiega Maïa Ponsonnet, ricercatrice del Centro nazionale francese dell’Istituto di ricerca scientifica (CNRS), prima autrice di uno studio pubblicato su Giornale della Acoustical Society of America. Ad esempio, per il dolore, il francese “ouch”, l’inglese “ouch” o lo spagnolo “ay”, elencati nei dizionari. “Le vocalizzazioni non linguistiche o non convenzionali sono suoni che non sono necessariamente riconosciuti da altri parlanti. Ad esempio, se mi brucio e dico “oooh” o qualcosa di simile, le altre persone potrebbero non percepire immediatamente che sto esprimendo dolore.”
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