L’attentato contro Robert Fico rischia di portare la Slovacchia verso un regime “stile Orban”.

L’attentato contro Robert Fico rischia di portare la Slovacchia verso un regime “stile Orban”.
L’attentato contro Robert Fico rischia di portare la Slovacchia verso un regime “stile Orban”.
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Visto dalla Russia: Aggressione del primo ministro slovacco: per Mosca “il terrore politico è arrivato in Europa”

Erede di Meciar

La tragedia, però, è avvenuta in un contesto molto teso. Lo stesso ministro degli Interni slovacco, Matus Sutaj Estok, ha aggiunto benzina sul fuoco dichiarando che il suo Paese è “sull’orlo della guerra civile”. La Slovacchia è certamente divisa tra due campi, da un lato i cittadini molto ancorati alla loro identità europea sin dall’adesione del paese all’UE nel 2004, e dall’altro quelli che si rivolgono a Mosca per affermare la propria identità slava.

Negli ultimi mesi le tensioni tra la società slovacca e il governo si sono intensificate. A febbraio il parlamento ha approvato una riforma della giustizia che prevede l’abolizione della procura generale creata vent’anni fa per indagare sui casi di corruzione. Per i media e l’opposizione il segnale è allarmante. Perché l’assassinio del giornalista Jan Kuciak e della sua fidanzata da parte di un sicario nel 2018 mentre indagava sulla corruzione di funzionari eletti da parte della mafia locale è stato proprio oggetto di un’indagine lì. Nel 2018, la morte di Kuciak provocò una protesta che portò in piazza migliaia di slovacchi e spinse il primo ministro a dimettersi.

Esacerbando la polarizzazione della società, il governo ha deciso ad aprile di abolire la radio e la televisione nazionale RTVS, minacciando seriamente la libertà di stampa. Secondo le autorità di Bratislava il canale pubblico, regolarmente ostile al potere, non può essere neutrale.

Robert Fico, un populista di sinistra ultraconservatore, ha soffiato lui stesso sulla brace. Dall’ottobre 2023 è alla guida del governo per la terza volta dopo il 2006 e il 2016. Questo avvocato, iscritto al Partito comunista nel 1986, prima della Rivoluzione di velluto che porterà alla disgregazione della Cecoslovacchia, è stato rieletto sotto il slogan “Non una munizione in più” per Kiev. Sotto la sua guida, il governo slovacco ha fatto dietrofront, rifiutandosi di fornire qualsiasi sostegno all’Ucraina. Robert Fico ritiene che sia giunto il momento che gli ucraini depongano le armi e lascino la Crimea e buona parte del Donbass alla Russia. Ha anche detto che se il presidente russo Vladimir Putin fosse venuto in Slovacchia, non lo avrebbe fatto arrestare nonostante il mandato d’arresto emesso dalla Corte penale internazionale contro il padrone del Cremlino.

Da filoeuropeo a filorusso

Direttore emerito della ricerca di Sciences Po e consigliere del presidente cecoslovacco Vaclav Havel dal 1990 al 1992, Jacques Rupnik osserva: “La Slovacchia ha la particolarità di essere, come la Bulgaria, il paese con uno dei più filo-russi. È politicamente e socialmente molto polarizzato, come la Polonia. Il populismo nazionale che osserviamo attraverso Robert Fico non è però di oggi. L’idea di uno Stato sovrano che protegga l’identità slovacca risale a Vladimir Meciar, l’artefice del divorzio dalla Cecoslovacchia”. E l’ex consigliere di Havel ricorda: “Meciar aveva subito una dura sconfitta di fronte ad una coalizione molto europeista composta da postcomunisti e cattolici conservatori. Erede di Meciar, Robert Fico ha comunque fatto attenzione a non perdere il treno per l’adesione all’UE. Ha anche assicurato che il suo paese adottasse l’euro, a differenza della Polonia e della Repubblica ceca. Da allora il paese ha sperimentato una prosperità impressionante”. D’ora in poi, il Primo Ministro assumerà apertamente posizioni anti-Bruxelles e anti-americane.

Avversario a vaccini e mascherine, paladino della protesta contro le misure anti-covid adottate all’epoca dal governo slovacco, ma anche molto anti-immigrazione dalla crisi del 2015, Robert Fico naviga secondo l’opinione pubblica. Fece aderire il suo partito, lo SMER-SD, all’Internazionale socialista. Oggi “fa surf sull’appartenenza del suo Paese al mondo slavo”, nota Jacques Rupnik.

Per l’ex consigliere di Havel, il gesto di Juraj Cintula “rafforzerà la squadra al potere di fronte ai media e all’opposizione. La Slovacchia rischia di scivolare verso un regime “stile Orban”. Solo che finora Fico ha espresso il suo disaccordo con Bruxelles, ma non ha mai posto il veto, a differenza del primo ministro ungherese”. L’ipotesi di un inasprimento è tanto più plausibile in quanto il futuro presidente slovacco, eletto ad aprile, è Peter Pellegrini, vicino a Fico.

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