Il BFM ha quindi tentato di ottenere informazioni sui risultati del professor Doutremepuich e del resto del team del laboratorio di ematologia forense. E secondo i nostri colleghi, dalle analisi emerge “DNA estraneo a quello della famiglia di Émile”. Quindi gli investigatori sono impegnati a lavorarci. Per rispetto della riservatezza delle indagini, l’accusa non ha confermato né smentito queste informazioni.
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Quanto può essere importante questo DNA?
Se sulle ossa di Emile e/o sugli abiti ritrovati è stato individuato del DNA specifico, ciò non indica in alcun modo che ciò possa aiutare a chiarire le circostanze della morte del ragazzino. In effetti, “non è perché troviamo il DNA che troviamo un colpevole”, ha detto un magistrato a BFM. Il DNA in questione dovrebbe prima trovare corrispondenza nell’Archivio Nazionale del DNA, altrimenti rimarrebbe quello di una persona sconosciuta e non aiuterebbe l’avanzamento delle indagini. Potrebbero quindi aver luogo nuovi prelievi, ad esempio tra gli abitanti dell’Haut-Vernet.
Inoltre tutto dipende dalla quantità di DNA ritrovato. Quanto più è importante, tanto più potrebbe essere coinvolta la persona a cui appartiene il DNA perché potenzialmente avrebbe toccato direttamente le ossa o gli indumenti su cui sono state trovate tracce di DNA. Ma una piccola quantità può rivelare il trasferimento del DNA o il contatto indiretto con ossa o vestiti. Tra le opzioni plausibili rientra anche la contaminazione “per caso”. “Dobbiamo quindi stare molto attenti perché il DNA è molto volatile”, conclude il generale François Daoust, ex direttore dell’Istituto nazionale di ricerca della gendarmeria, intervistato dai nostri colleghi.
Il lavoro degli inquirenti è quindi lungi dall’essere terminato e occorre effettuare pareri di esperti e second opinion per evitare di trarre conclusioni troppo affrettate.
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