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critico bloccato su Netflix

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SOTTO BUONA GUARDIA

All’inizio degli anni 2000, il cinema hindi ha vissuto una nuova entusiasmante ondata di cinema d’essai. Tra i talenti più ammirevoli di questo movimento, Vikramaditya Motwane occupava un posto d’onore. In grado di destreggiarsi tra il dramma sociale (Udan), classicismo nel senso nobile del termine (Lootera) e cinema di genere sperimentale (Intrappolato), il cineasta ha dimostrato nel tempo la sua capacità di rinnovare la propria messa in scena e il suo scopo.

Negli ultimi anni, questa ondata indipendente è stata purtroppo spazzata via e la maggior parte degli ex prodigi si ritrova limitata a film o serie platform. Più che una scelta predefinita, Vikramaditya Motwane utilizza comunque questo media come un entusiasmante campo di sperimentazione. Gli dobbiamo alcune delle più grandi serie indiane recenti, incluso Il Signore di Bombay et Giubileo. Era quindi con curiosità che aspettavamo Mandato nero: in tempo prestatola sua nuova creazione racconta la vera storia di una guardia carceraria negli anni ’80.

Attraverso lo specchio

Fedele a se stesso, il regista consegna un’opera messa in scena intelligente e attenta. Ogni scatto è pensato attentamente, il taglio incute rispetto. Senza fare dimostrazioni stilistiche, trova un complesso equilibrio tra senso estetico e realismo immersivo. Stessa osservazione nell’uso della musica, mai invasivo ma sistematicamente efficace. Ricorderemo quindi la coraggiosa decisione di inserire nel sesto episodio una canzone, che dà vita ad una delle sequenze più belle dell’intera serie.

Per supportare il suo rigore tecnico, Mandato Nero può contare su un cast impeccabile. Per i suoi ruoli secondari più importanti, la serie si affida a certi valori del cinema d’autore indiano come Rahul Bhat o Tota Roy Chowdhury. Il trio principale, invece, è affidato a giovani talenti che impressionare in un registro particolarmente pericoloso. Menzione speciale a Paramvir Cheema che interpreta un guardiano Sikh con un turbolento viaggio emotivo.

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Un trio che perderà presto il sorriso

NON COSÌ FINZIONE

Uno dei grandi punti di forza della serie è la sua capacità di giocare costantemente su una linea sottile tra gli elementi classici che ci aspettiamo da un thriller carcerario e il suo ancoraggio alla realtà del libro autobiografico che adatta. A prima vista si ha l’impressione di scoprire un universo falsamente familiare. Siamo sottoposti a infinite guerre tra bande all’interno della prigione, tentativi di fuga e persino interrogatori violenti che si trasformano in errori. Temi classici trattati con innegabile efficacia.

Una volta che Vikramaditya Motwane ha gettato tutte le basi della sua storia, sovverte brillantemente le nostre aspettative. Il regista contrasta sistematicamente gli stereotipi di genere con un approccio molto più realistico. Adattando fedelmente il libro di Sunil Gupta e Sunetra Choudhury, la serie deve gestire i suoi rari colpi di scena sensazionali.

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Tutto è sotto controllo…o quasi

Grandi eventi drammatici sono rari nella vita carceraria, anche in un istituto temuto come la prigione di Tihar. Paradossalmente, questa sensazione di estremo realismo non fa altro che amplificare la tensione. Ci sentiamo come intrappolati in una cella con una bomba a orologeria che potrebbe esplodere da un momento all’altro. La pressione mentale non deriva dalla violenza improvvisa, ma piuttosto dall’attesa insopportabile.

Anche il regista gioca con questa dualità tra finzione e realtà. I suoi personaggi ammettono apertamente la loro cinefilia. Il protagonista principale dice di essersi arruolato come guardia carceraria dopo aver visto il film. Ankhen al cinema. I suoi giovani colleghi più impulsivi sognano di essere giovani arrabbiati come la superstar Amitabh Bachchan ritrae sullo schermo. Ma ogni volta che la fantasia della finzione diventa troppo forte, la brutalità della realtà spazza via i sogni dei personaggi. Come incarnazione di questo dilemma, il serial killer Charles Sobhraj incombe sull’intera serie, sia un mostro della vita reale che un incantatore che prende la vita per il teatro costante.

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Il vero serpente

AREE DI INTERESSE

Molto più di un esilarante thriller carcerario o di un’avvincente rievocazione, Mandato Nero è soprattutto un vertice di analisi umana e sociale. Deplorevoli difetti legali e terrificanti condizioni carcerarie sono rappresentati con una precisione agghiacciante. Probabilmente non l’avevamo visto sequenze di caos e disumanizzazione dallo shock La legge di Teheran di Saeed Roustayi.

Soprattutto dopo la serie rifiuta sistematicamente di esprimere il minimo giudizio morale sui suoi personaggi. In questo senso, il sovrintendente Rajesh Tomar si mostra apertamente come un uomo corrotto e insensibile alla sofferenza dei prigionieri. Eppure, ciò non gli impedisce di essere un padre amorevole o di essere capace di sacrificio altruistico. Ogni portiere ha i suoi difetti, le sue qualità ma soprattutto le sue contraddizioni. L’intera opera è un tuffo nel cuore delle nostre zone grigie morali.

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Il fuggitivo da Tihar

Lo stesso vale per i prigionieri che non vengono mai caricaturati come mostri assetati di sangue e mai idealizzati come patetiche vittime. Vikramaditya Motwane riesce così a commuoverci durante spietate condanne a morte senza nasconderci gli orribili crimini commessi da diversi condannati. Il regista sembra soprattutto poniti la questione dell’empatia e i suoi limiti. Dove si ferma l’umanità? Cosa fa scattare la rinuncia?

Alla fine, Mandato Nero si rivela un’ottima serie politica, evitando attentamente di essere moralistica. Siamo di fronte ad un’analisi chirurgica del sistema giudiziario indiano, delle sue falle e il disagio delle classi sociali più disagiate. È difficile chiudere un occhio sul ruolo che gioca la povertà estrema quando due prigionieri accettano di uccidere una donna per appena 500 rupie (meno di 6 euro).

Nel finale di stagione, la ricostruzione delle rivolte contro i sikh ci parla di comunitarismo e discriminazione religiosa. In questo senso Vikramaditya Motwane usa gli anni ’80 per parlarci dell’oggi e, nella sua preoccupante osservazione, va ben oltre i confini indiani. Resta quella che avrebbe dovuto essere la testimonianza di un’epoca passata notizia purtroppo universale.

Black Warrant: On Reprieve è disponibile su Netflix dal 10 gennaio 2025.

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