Adempiere al suo mandato senza troppe difficoltà in termini di essenza del suo scenario, La signorina Bottini finisce per imporsi anche come una bella e sostanziosa introduzione alla settima arte per il suo pubblico giovane.
Al di là delle sue storie ben realizzate e delle sue proposte creative, il Racconti per tutti una volta ha avuto il valore significativo di essere uno dei primi veri contatti dei giovani spettatori con il dramma. Nozioni e sentimenti complessi che sono stati spiegati e presentati al livello dei bambini, e soprattutto trattandoli sempre con il massimo rispetto.
In considerazione di ciò La signorina Bottininon c’è più alcun dubbio che il produttore e regista Dominic James sapesse esattamente cosa doveva fare quando ha preso in mano le redini delle produzioni La Fête dal defunto Rock Demers.
Dopo il molto amichevole Fattoria di coccoJames e il regista Yan Lanouette Turgeon hanno deciso di fare le cose in grande, affrontando uno dei lungometraggi più popolari di questo ricco repertorio di film per bambini.
Il duo ha affermato fin dall’annuncio del progetto di voler offrire molto di più di un semplice remake del film Bach e Bottine dal 1986. E tutti i soggetti coinvolti possono certamente dire: “Missione compiuta”.
Questa volta ci viene presentata la giovane Simone (Marguerite Laurence) quando deve vivere temporaneamente con suo zio Philippe (Antoine Bertrand), che non aveva mai incontrato prima.
La bambina, che fino ad allora si prendeva cura della nonna e dei suoi animali nel cuore di una graziosa casa di campagna, si ritrova in città nel momento peggiore che si possa immaginare, mentre Philippe deve finire prima o poi la composizione della sua nuova opera.
Un’opera che potrebbe rappresentare l’ultima occasione di successo per il protagonista, la cui carriera è in declino dalla creazione del suo capolavoro, quindici anni prima.
Lottando per prendersi cura di se stesso, Philippe è inizialmente riluttante all’idea di accogliere Simone a casa sua. Poi entrambi scoprono gradualmente che potrebbero aver bisogno l’uno dell’altro più di quanto siano disposti ad ammettere.
La signorina Bottini è una creazione letteralmente senza tempo, che trae le basi della sua storia e della sua direzione artistica, nonché i suoi riferimenti culturali, da innumerevoli epoche per poi mescolarli per formare un insieme tanto conclusivo quanto omogeneo.
Ovviamente, ciò che cattura l’attenzione fin da subito è l’incredibile complicità tra i due headliner. Antoine Bertrand brilla ancora una volta nei panni di quest’uomo dal cuore grande, ma perseguitato da un amore perduto e alle prese con significativi problemi di ansia sociale (uno degli aggiornamenti più importanti della storia), mentre Marguerite Laurence mostra una giocosità e un carisma senza precedenti in un ruolo che è allo stesso tempo crudo, sensibile e particolarmente maturo per la sua età.
C’è una sorta di disprezzo persistente che si attacca ai film per bambini dal vivo. Nella maggior parte dei casi, la messa in scena di questi si rivela semplicemente inesistente, soprattutto sul versante della produzione americana.
Questo non è assolutamente il caso in questo caso, poiché Yan Lanouette Turgeon crea un’opera visivamente magnifica, arricchita dalla superba direzione fotografica di Marie Davignon. Il tutto è tanto più intriso della musicalità di cui è immersa l’intera storia, che il regista la riecheggia abilmente sia nei suoi movimenti di macchina vivaci e precisi (a volte ricordano Wes Anderson) sia nel modo in cui fa muovere i suoi interpreti in perfetta sincronicità.
Senza contare gli incredibili crescendo drammatici che prendono forma al ritmo della deliziosa colonna sonora di Ramachandra Borcar e del vivace montaggio di Carina Baccanale.
Potremmo aspettarcelo La signorina Bottini adempie al suo mandato senza troppe difficoltà in termini di essenza del suo scenario. Ma il lungometraggio finisce per imporsi anche come una bella e sostanziosa introduzione alla settima arte per il suo pubblico giovane.
Arricchita dalle interpretazioni altrettanto affascinanti di Marilyne Castonguay, Mani Soleymanlou e del giovane Mateo Laurent Matériaux Daigle, questa storia di un viaggio personale incentrato sull’importanza di imparare a fidarsi, di saper cogliere una seconda possibilità e di non aver paura di lasciare che l’amore nella propria vita, è già molto alto tra le migliori produzioni La Fête.
Il tipo di offerta che dovreste trovare nella programmazione regolare di Ciné-Cadeau per gli anni, se non i decenni, a venire.
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