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“La merce più preziosa”, Michel Hazanavicius tra fasce e demoni – Libération

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d'animazione

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Il film d'animazione del regista premio Oscar, su un bambino sopravvissuto alla Shoah, è ormai superato.

Dopo galleggiare sulla piccola nuvola degli Oscar L'Artista, Michel Hazanavicius ha lanciato un importante film contro la guerra nel 2014, La ricerca, naufragio carico di pathos tra le macerie della Cecenia dimenticata. Dieci anni dopo, dopo aver fatto del suo meglio, il cineasta torna a suon di stivali che preferiamo tenere a bada, di popoli massacrati mentre il mondo guarda altrove, questa volta avvicinandosi alla Shoah. Silenzio teso.

Con il più prezioso dei beni, adattamento di un romanzo di Jean-Claude Grumberg, Hazanavicius moltiplica i pregiudizi. Innanzitutto c’è il mezzo del film d’animazione, che stabilisce una distanza, ci permette di incarnare le cose in modo diverso attraverso la sua naturale qualità allegorica. Un primo effetto di distanziamento rafforzato dalla scelta di collocare la storia nel registro del racconto, poiché i luoghi come i personaggi sono ridotti alla loro espressione più semplice: “C’erano una volta, in un grande bosco, un povero taglialegna e un povero taglialegna.” L'uomo è burbero, la donna materna. Non lontano dalla loro casa passa un treno merci umano dal quale, una mattina presto, viene gettato un neonato. UN “senza cuore”, che raccolgono e proteggono da tutti.

Ha dei cavi provenienti da Auschwitz

Est

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