Trasponendo liberamente la storia di autofiction di Mathyas Lefebure in Pastorivincitore del Premio per il Miglior Film Canadese al Toronto Film Festival, la regista Sophie Deraspe trascende questa storia di crisi della metà degli anni Trenta dando uno sguardo empatico alle difficoltà dell’allevamento di pecore.
Pubblicato alle 7:30
Stanco del mondo della pubblicità e dello stile di vita urbano, Mathyas (Félix-Antoine Duval, di rara fotogenicità), un montrealese poco più che trentenne appassionato di filosofia, ha lasciato tutto alle spalle per diventare pastore in Provenza. Assunto dai Telliers (Véronique Ruggia Saura e Bruno Raffaelli), che stanno affogando nella povertà, impara il lavoro a sue spese con Ahmed (Michel Benizri), che odia le pecore.
Innamoratosi di Élise (Solène Rigot), una funzionaria francese conosciuta durante le sue avventure amministrative, Mathyas intrattiene con lei una corrispondenza per raccontarle la sua iniziazione alla vita pastorale. Assistendo alla violenza contro gli animali tra i Telliers, l’apprendista pastore lascia il suo lavoro per capriccio. Poco dopo, Mathyas ed Élise, che ha lasciato anche lei l’incarico, vengono assunti da Cécile Espriroux (Guilaine Londez), una pastorella orgogliosa e di successo, che cercava una coppia per effettuare la transumanza di un gregge di 800 pecore sulle Alpi. .
Con la sua impressionante carriera, sia nel cinema (Il profilo di Amina, Antigone) che in TV (Bestia nera, Motel Paradiso), Sophie Deraspe ha da tempo confermato la portata del suo talento. Scritto con la collaborazione di Mathyas Lefebure, autore del racconto autofiction con voli lirici e filosofici Da dove vieni, pastore? (Leméac, 2006), il sesto lungometraggio di questa cineasta, che unisce abilmente finzione e realtà, si inserisce perfettamente nella sua filmografia.
Storia di apprendimento solida
Portato dalla foto abbagliante di Vincent Gonneville (Da dove veniamodi Meryam Joobeur), che regala scorci mozzafiato sulla maestosità dei paesaggi, Pastori si rivela allo stesso tempo una solida storia di apprendimento, un vibrante appello a favore di una professione minacciata da ogni parte e un rigoroso approccio documentaristico unito a una prospettiva umanista. A ciò si aggiungono l’impeccabile direzione artistica di André-Line Beauparlant, il montaggio di Stéphane Lafleur, che si sposa perfettamente con il carattere introspettivo del pastore filosofico, e la musica di Philippe Brault, che si adatta perfettamente alla pittoresca cornice dell’insieme.
Al di là della bellezza pastorale e delle spettacolari scene della transumanza PastoriSophie Deraspe, come Mathyas Lefebure nella storia originale, rivela le difficoltà di un ambiente agricolo poco conosciuto, che può portare ai peggiori eccessi, anche ai peggiori orrori.
Ovviamente il regista non rientra nell’immagine di Epinal. A volte, devi avere il cuore aperto contro la crudeltà che viene mostrata in certe scene. In contrappunto, umorismo, leggerezza, poesia e sensualità sono presenti, in particolare nei momenti condivisi dal giovane pastore e dal suo compagno, i cui legami stringono permettendo loro di affrontare coraggiosamente gli orrori della professione.
Nei panni del pastore idealista e intellettuale, Félix-Antoine Duval, che non mostra alcuna somiglianza con il vero Mathyas, apporta un candore irresistibile al personaggio, impedendogli di ridursi a una figura arrogante credendo di sapere tutto sull’allevamento delle pecore alle sue letture. Al suo fianco, Solène Rigot, che ha messo da parte il suo fascino per abbracciare la vera natura della pastorella, si rivela una compagna di gioco ideale.
Nella stanza
Dramma
Pastori
Sophie Deraspe
Con Félix-Antoine Duval, Solène Rigot, Guilaine Londez
1h53
8/10
Related News :