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In Spagna le denunce di blasfemia sono una leva nella guerra culturale

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LETTERA DA MADRID

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Durante un’azione delle Femen nella Cattedrale dell’Almudena a Madrid il 13 giugno 2014. GERARD JULIEN / AFP

La sera del 31 dicembre 2024, durante il programma di intrattenimento della televisione pubblica spagnola TVE che accompagna il passaggio al nuovo anno – momento in cui gli spagnoli ingurgitano dodici acini d’uva al ritmo dei dodici rintocchi di mezzanotte per garantire felicità e prosperità –, La conduttrice Lalachus ha mostrato in onda il proprio fascino: un’immagine di Cristo, il cui volto ha sostituito con quello della mucca del gioco “Grand Prix”, l’equivalente locale di “Intervilles”.

La reazione della nebulosa ultracattolica spagnola non si è fatta attendere. La fondazione Abogados Cristianos (“Avvocati cristiani”) ha annunciato che presenterà una denuncia per “offesa ai sentimenti religiosi”. L’organizzazione anti-aborto e anti-matrimonio tra persone dello stesso sesso Hazte oir (“Fate sentire voi stessi”) ha seguito l’esempio. Lo ha chiesto il partito di estrema destra Vox “scuse” sulla catena. E il presidente della Conferenza episcopale spagnola, mons. Luis Argüello, si è commosso “scherza contro il simbolismo cristiano”.

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