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Jean-Christophe Maillot, una vita dedicata al balletto

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Libro. Il ballo della festa (Gallimard, 2024), il titolo di questo libro biografico del coreografo Jean-Christophe Maillot, direttore dei Balletti di Monte-Carlo dal 1993, è così delizioso che ci invitiamo immediatamente alla tavola dell’artista. Che piacere ritrovare, in questo viaggio di una vita dedicata alla danza, le testimonianze dell’artista visivo Ernest Pignon-Ernest, dello scrittore Jean Rouaud, del costumista Philippe Guillotel o dello scenografo Dominique Drillot, ma anche coreografi internazionali invitati a creare per l’azienda come Mats Ek, Jiri Kylian, Sidi Larbi Cherkaoui e Johan Inger.

Questo incontro festoso riflette l’ampiezza della carriera di Jean-Christophe Maillot, che vede solo il suo ruolo di coreografo in stretto dialogo con quello di direttore di troupe – è in sala prove con 50 ballerini ogni giorno. Il suo lavoro è cementato dall’apertura verso gli altri, ma anche dalla necessità di ricercare in gruppo e di amplificare le proprie intuizioni e idee attraverso un dialogo fertile con artisti di ogni genere.

Con una cinquantina di spettacoli al suo attivo, tra cui riuscitissime rivisitazioni di grandi balletti del repertorio come Romeo e Giulietta (1996), Cenerentola (1999), Bellezza (2001) o addirittura Lac (2011), afferma una scrittura postclassica tagliente e altamente tecnica con un certo atletismo nell’attacco.

Famiglia di artisti

Progettata con l’aiuto dell’autore Geoffroy Staquet, quest’opera scandita da circa 300 foto e vari formati testuali si sviluppa in nove capitoli introdotti dallo scrittore Jean-Marie Laclavetine. Evocano l’infanzia di Jean-Christophe Maillot ma anche il rapporto tra amore, danza e morte, il bisogno di raccontare storie, il rapporto con le altre arti e il ruolo principale della ballerina Bernice Coppieters – la compagna di Christophe Maillot è oggi un maestra di balletto. Ogni tema è illustrato da un testo del coreografo che ripercorre il suo passato e le sue inclinazioni combinando aneddoti e analisi. La sua voce offre un punto di vista affascinante sull’opera e sull’uomo.

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