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La migliore versione di te stesso non è chi pensi

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È paradossale. Come dicono in molti “sono fatto così!” » giustificare i propri difetti senza cercare di migliorare mi dà sui nervi, perché non sopporto più la nostra incessante ricerca di ottimizzazione.

Esiste una via di mezzo tra “arrendersi e accettare i nostri peggiori fallimenti” e “iscriversi a tutte le correnti di crescita personale nella speranza di diventare un vero raggio di sole”? E se sì, come diavolo lo trovi?

“Cercare di migliorare è molto positivo, ma c’è miglioramento e “miglioramento”, ritiene il DRif Céline Lamy. In chi vogliamo migliorare? E per lo sguardo di chi? »

Lo psichiatra infantile, autore del saggio Il dramma dei bambini perfetti – Per una permacultura dell’infanzia (Workshop 10), ritiene che la nostra sete di eccellenza ci venga imposta molto prima che possiamo realizzarla.

“Siamo immersi nell’ottimizzazione dalla culla. La gravidanza è ottimizzata, così come il parto. Poi, come genitori, vogliamo ottimizzare tutto. Il gioco deve essere educativo, affinché i bambini imparino molto velocemente a camminare senza cadere…”

Da un lato c’è una società che incoraggia ben poco a lasciare andare. D’altro canto ci sono tendenze che ci portano a credere che non abbiamo molto da migliorare.

Il dRif Céline Lamy continua: “Nell’educazione di tipo “benevolenza positiva”, i genitori a volte pensano di dover adattare l’ambiente al loro piccolo in modo tale che i bambini possano credere “Sono estremamente sexy” come sono io”. Quando si tratta di rapporti con i coetanei, man mano che invecchiano, si rendono conto che non sono così perfetti come pensavano! Puoi resistere a lungo e arrivare a 30-40 anni per dirti: “uff… devo lavorare su alcune cose, eh?” »

COSÌ ! “Io sono così e basta” non è un argomento valido quando i nostri difetti influenzano negativamente chi ci circonda. Tuttavia, non dobbiamo soccombere a tutte le iniziative che ci incoraggiano a diventare la migliore versione di noi stessi all’inizio dell’anno…

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FOTO MARIE-HÉLÈNE GILBERT-LAMBERT, FORNITA DA CÉLINE LAMY

Il dRif Céline Lamy

“Ciò che mi preoccupa è la questione del “meglio”, riflette il DRif Lamy. È un termine molto neoliberista. Quando decidiamo che la versione di noi stessi è quella in cui ci fermiamo? È questa una versione accettabile che ci fa stare bene senza andare a discapito degli altri? La versione più equilibrata di te stesso, forse? Trovo che richieda riflessione e mi sento a disagio quando gli allenatori ci dicono “sii al tuo 10/10!”… Se la versione di me stesso che mi fa sentire più a mio agio è quella a 7/10, allora va molto bene. »

Parliamo di guide! Questo è un altro dei miei paradossi: sono molto permeabile alla cultura della performance, ma disprezzo i libri sulla crescita personale. In effetti, li guardavo dall’alto in basso. E’ solo la prova Perché non scrivo (Trittico) mi ha fatto riflettere molto…

In quest’opera che coniuga abilmente intimo e teorico, il dottorando in storia dell’arte Benoit Jodoin propone una riflessione sulla cultura della povertà. Pur provenendo da un ambiente molto modesto, leggendolo ho capito che avevo adottato una postura che somigliava ad un certo rifiuto delle mie origini.

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PHOTO MARCO CAMPANOZZI, ARCHIVES LA PRESSE

Benoit Jodoin, dottorando in storia dell’arte e autore

Benoit Jodoin scrive sui libri di crescita personale: “Sebbene ridicolizzati dall’élite intellettuale, sono tuttavia popolari nell’ambiente in cui sono cresciuto, probabilmente perché gongolano dello stato del mondo a braccia conserte, poiché lo associo alla grande letteratura, è uno sport borghese che serve a poco per chi cerca una vita più comoda e inclusiva. »

Secondo lui, questo genere letterario usa la benevolenza nei confronti dei lettori. Una gentilezza assolutamente meritata che tuttavia noi ci prendiamo in giro…

“Non riesco a liberarmi di un’idea, quasi complottistica, aggiunge: forse i libri di crescita personale sono disprezzati perché mobilitano sia la sensibilità che l’azione, binomio di formidabile efficienza […]. In fondo, forse sono temuti, perché incoraggiano un pubblico senza voce a sedersi e pensare, a chiedere riparazione per le ingiustizie subite e a prendere il posto che gli spetta. Questi libri disturbano la letteratura perché estendono le sue meravigliose osservazioni ai modi di fare le cose. »

Bam, tra i denti!

E devo sottolineare l’ipocrisia: prendo in giro le persone che cercano consigli nei libri di crescita personale, ma non ho assolutamente problemi a chiederli regolarmente alle persone che intervisto.

Ad esempio, ho ovviamente chiesto al DRif Céline Lamy come sapere se stai cercando di migliorare per le giuste ragioni oppure no…

Mi ha detto di tornare a quello che eravamo prima che “il neoliberismo ci prendesse il sopravvento”. Ti ricordi quando avevi 6, 7 o 8 anni? “Questo bambino, quali erano le sue potenzialità, le sue ricchezze e i suoi desideri? chiede lo psichiatra infantile. Questo bambino oggi mi guarda e dice “mi riconosco” oppure “non parlo con gli sconosciuti”? »

Ha il senso della formula.

La grande domanda ora: dovremmo abbandonare i nostri propositi per il 2025?

Forse ! Sta a te (e al bambino che eri una volta) vedere. Se lo fai, ricorda che anche voler smettere di migliorare è una forma di miglioramento, secondo il DRif Lamy. “È un cambio di paradigma!” Non dico di non migliorare, ma di rimanere coerenti con i propri valori. Migliorarsi solo per brillare esteriormente, o addirittura camuffarsi, porta all’esaurimento… L’esaurimento di un risultato che non è nostro. È meglio puntare ad un miglioramento legato al significato che vuoi dare alla tua vita piuttosto che a quello che pensi di dover fare. »

Se un giorno Céline Lamy decidesse di pubblicare un libro di crescita personale, sarò la prima a comprarlo…

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