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Lo spettacolo di Rébecca Chaillon che ha scosso il Festival di Avignone nel 2023, finalmente presentato a Montpellier!

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Lo spettacolo cult “Carte noire Nom Desire” di Rébecca Chaillon va in scena al Théâtre des 13 Vents di Montpellier da martedì 14 a venerdì 17 gennaio.

La melma del rospo non arriva alla colomba bianca, dice l’espressione. Ma che dire dell’uccello colorato? Se ne prende gioco letteralmente o, per essere più precisi, spettacolarmente: lo spettacolo Carta nera chiamata desideriodi Rébecca Chaillon, mette in discussione il posto delle donne afrodiscendenti nella società francese, ancora intrisa dell’immaginario coloniale e inondata da un’ondata di cliché razzisti e sessisti, tanto tenaci quanto ridicoli. Ma quando altri lo fanno (ed è necessario) in modo storico, didattico o educativo, la performer che si presenta al crocevia di più discriminazioni (grassa, giovane, donna, nera, piccardia, bisessuale) preferisce tutto lo swing. Butta via tutto quello che ha nel cuore e nel corpo. Elimina tutto ciò che è ancora attaccato alla sua pelle. Altalena, punto.

Questo oscuro oggetto di scandalo

Creato nel novembre 2021, Carta nera chiamata desiderio è stato visto da centinaia e centinaia di spettatori senza che venga segnalato alcun incidente. Ma previsto per luglio 2023 all’“In” di Avignone, festival dove gli entusiasmi come le diatribe devono essere spesso iperbolici e se possibile clamorosi, lo spettacolo è stato teatro di“Attacchi verbali e fisici di natura razzista“, qualificato come” inaccettabile” di Tiago Rodrigues, il direttore del festival, nonché una campagna diffamatoria per una metafora di pulcini bianchi, più uno nero, infilzati, da parte di un fascista che – questa è sempre l’idea – non l’aveva visto… Melma di rospo, ecc. .

Se non ci vuole altro perché una creazione diventi un cult, senza dubbio merita di esserlo per quello che è, e per quello che mostra. La tournée che lo porta al Théâtre des 13 Vents per quattro rappresentazioni dal 14 al 17 gennaio è quindi una buona occasione per formarsi la sua opinione. E la sua emozione. Forte.

Discepolo di Rodrigo Garcia

Non ci stupiremo a Montpellier apprendere che è stato Rodrigo Garcia, artista iconoclasta ispano-argentino (e regista del compianto hTh, lo ricordiamo), ad introdurre Rébecca Chaillon alla performance, formata prima nelle arti performative alla Sorbona poi negli ambienti educativi popolari. Per il suo straordinario And Throw My Ashes on Mickey (2006), ha accettato di radersi la testa sul palco per lui anche se a 21 anni non si era mai tagliata i capelli fino ad allora. Da allora, l’artista si è specializzato nel mettere in gioco il proprio corpo, in particolare durante gigantesche performance culinarie.

Come Rodrigo Garcia, non teme le provocazioni, né si tira indietro davanti al cattivo gusto, né esclude tanto meno la possibilità di spaccarsi la bocca e il cuore. Quindi, siete avvisati, la carta nera chiamata desiderio inizia prima di sé con l’installazione bifrontale da un lato di donne nere e persone trans e non binarie (che lo accettano) su morbidi divani e dall’altro, gli altri su stand tradizionali. Già, una messa in scena (nello spazio) della segregazione. Rébecca Chaillon esegue poi un lungo assolo in cui, vestita di bianco da donna delle pulizie, lavora per lavare la vaschetta del latte.

Per completare la sua opera, indosserà anche i suoi vestiti, per poi prendersi cura del suo corpo ormai nudo, prima di essere pulita, preparata e acconciata con trecce gigantesche, mezze corde, mezze catene da altre sette donne nere, artiste, attrici e performer. Ma anche se probabilmente parliamo troppo dello spettacolo, buona parte della profonda emozione che suscita deriva dallo schiaffo fisico, simbolico, mitologico che regala. In una seconda parte, di cui non diremo una goccia (e certamente nemmeno una sbavatura), l’ottetto dell’arte totale va in tutte le direzioni senza perdere di vista il suo soggetto.

“In Carta nera chiamata desiderio, l’idea era quella di scegliere come volevamo manipolare, mostrare, presentare i nostri corpi”, spiega Rébecca Chaillon nella comunicazione che accompagna il suo spettacolo.“È molto inquietante per molte persone, ma in realtà è un doppio movimento: denunciamo ciò che ci viene fatto mentre lo facciamo a noi stessi. Si potrebbe credere che stiamo rinnovando l’oppressione, ma in realtà è molto diverso. È una riappropriazione della nostra immagine”.

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