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Vietnam trovato da Vidya Narine

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La scrittrice Vidya Narine, a Parigi, nel 2023. CHLOE VOLLMER-LO

“Il cielo è la mia bandiera”, di Vidya Narine, Les Avrils, 164 pag., 19€, digitale 15€.

Da una sequenza politica della metà degli anni 2000, rimasta nella memoria mediatica, sembra nascere, quasi senza premeditazione, questa singolare vicenda. Portato dalla voce di Nicolas Sarkozy, ministro degli Interni e poi presidente della Repubblica, un concetto promesso dal grande futuro e conflittuale, quello di “identità nazionale”, sta progressivamente corrompendo il dibattito pubblico francese. In poche parole (“feccia”, “velo”), in alcuni interventi (a Dakar, all’Inalco), Vidya Narine sintetizza un cambiamento che la sta portando. Lei, “il bambino degli anni ’80 che ha saputo trarre beneficio dal suo destino, portato avanti da un sogno bianco”ce “sogno” cos’era l’universalismo: “Eravamo tutti francesi, lo ero anch’io, e all’improvviso”… All’improvviso non lo sappiamo più e la storia inizia. Ricomincia, infatti, a migliaia di chilometri di distanza, nella spettrale Indocina francese dove è nata sua madre. Riparte, qualche secolo prima, nell’isola di San Salvador (Bahamas), dove Cristoforo Colombo approdò al termine del suo peregrinare, nella notte tra l’11 e il 12 ottobre 1492. Riparte sempre, nel turbinio delle esistenze, il motivo della ruota del Dharma come standard.

C’era sicuramente bisogno di una scrittrice con un linguaggio insolito, sempre chiaro, sempre insolito, come quello di Vidya Narine, autrice di un celebre primo romanzo, Orchidista (Les Avrils, 2023), per rispolverare una polemica sonora ma troppo spesso vana, che da tempo ha svuotato le parole del loro significato. Ne sostituisce altre e lascia che sul rizoma proliferino metafore da far rizzare i capelli. Recide frammenti di umanità con mano poetica per riportarli in vita. Album di famiglia vero-falso, Il cielo è la mia bandiera è una delle 300.000 potenziali storie di francesi il cui paese d’origine, “Vietnam” (secondo l’ortografia vietnamita) della colonizzazione francese (1858-1955), “non esiste più”. Una storia paradossale, una storia di fortuna, poiché, in effetti, per l’autore si tratta di “raccontare un paese [qu’elle n’a] non lasciato, un passato [qu’elle n’a] non noto ». Tra sincera modestia e impressionante ricomposizione letteraria che rifiuta ogni categorizzazione, questo libro di Vidya Narine è diverso da tutti gli altri, è la pianta che ancora mancava al catalogo, nel cuore di un ecosistema fin troppo conosciuto.

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