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“Puntare al cuore” per sensibilizzare

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D Affronti due argomenti delicati in questo nuovo romanzo: il bullismo scolastico e il suicidio. Ti sei ispirato a una storia vera?

R Non passa settimana senza segnalazioni di molestie; Non passa mese senza che venga organizzata una marcia bianca in omaggio a una ragazza o un ragazzo che ha scelto di uccidersi perché non ce la fa più. In Francia abbiamo casi che ci hanno particolarmente segnato. Potrei nominarti Nicolas, Lucas, Lindsay… Mi ha scioccato come cittadino.

In ogni classe in Francia c’è almeno uno studente vittima di molestie. In generale, sono circa tra 800.000 e 1.000.000 di studenti – bambini, adolescenti – che subiscono molestie in Francia.

[…] Ho discusso con gli studenti delle scuole medie e superiori e lì, pur sapendo cosa mi raccontavano i media, all’improvviso ho scoperto un territorio, un continente: la violenza ripetuta, l’attentato alla dignità, una specie di ondata. .. Le loro testimonianze mi hanno davvero commosso. E soprattutto mi ha riportato alla mia adolescenza.

L’ho menzionato in [mon livre] Smettila con le tue bugie. Quando avevo 13 o 14 anni ho sentito per la prima volta la parola “frocio”. Ci sono state le prime prese in giro, i primi insulti, i primi insulti, i primi colpi, l’esilio, l’emarginazione… Allora mi sono detto: dobbiamo scrivere di questo.

D L’intero romanzo si svolge in un’unica giornata, durante la quale viene organizzata una marcia bianca in omaggio a Hugo e che diventa l’occasione per il padre dell’adolescente di ripercorrere tutti gli eventi che hanno portato a questo triste giorno. Perché hai scelto il punto di vista del padre?

R Ci aspettiamo di più dalla lotta delle madri; nelle marce bianche è sempre la madre a parlare. I padri sono sempre un po’ ritirati, sempre silenziosi. Ma la loro sofferenza è uguale. Volevo trovare la voce di un padre perché non la sentiamo mai.

[…] Il padre [de mon roman] è indigente. Reagisce sempre tardi o nel momento sbagliato. Ed è quello che volevo raccontare anche io: quest’uomo che non sa verbalizzare.

D. Anche il padre inizialmente cerca di mettere in prospettiva ciò che sta vivendo suo figlio dicendo che sono cose che accadono a questa età. Ma lei mostra come il bullismo scolastico abbia assunto oggi proporzioni allarmanti, con messaggi sui social network, sms…

R Non ha più le stesse proporzioni. Ai miei tempi, il bullismo era limitato alla scuola, in un certo senso. Succedeva durante la ricreazione, nel cortile, nei corridoi, e quando arrivava la sera, nel fine settimana, scappavamo dai nostri aguzzini, avevamo una sorta di tregua.

Oggi non è più così, perché il bullismo scolastico diventa poi bullismo digitale dove tutto si moltiplica, tutto viene portato nello spazio pubblico e non si ferma mai.

I messaggi arrivano di notte, nei fine settimana, in qualsiasi momento. C’è quindi una sorta di bombardamento continuo che cambia completamente la situazione. Esiste anche una sorta di impunità, perché puoi dire qualsiasi cosa in rete e non ti succederà nulla.

D. Parlarne in pubblico potrebbe porre fine a questa piaga?

R Penso che dobbiamo parlarne. Ci sono campagne di sensibilizzazione, c’è una giornata nazionale dedicata alle molestie [en ]ci sono politici che se ne fanno carico, fondazioni che vengono create, misure che vengono adottate dalle autorità pubbliche, ecc.

Ma non sappiamo ancora come individuare il bullismo scolastico per un semplice motivo: le vittime non parlano apertamente. Tacciono perché hanno paura, perché si vergognano, perché si dicono che se parlano sarà ancora peggio. Quindi è molto difficile da individuare.

D Nel dipanare le fila della vicenda, non possiamo fare a meno di rimanere completamente sconvolti dalla reazione della direzione scolastica – che non fa nulla, in qualche modo, per fermare le angherie subite da Hugo…

R È abbastanza comune. Se non ne parliamo è come se non esistesse. Se ne parli, devi affrontarlo. La reazione dell’istituto scolastico è agire come se non esistesse perché non ne ha i mezzi [d’agir].

Chiediamo agli insegnanti, ai presidi di ergersi a giudici, di compiere un processo, una sentenza. Non sono addestrati per questo. Per questo molte associazioni antibullismo si battono per entrare nelle scuole.

[…] Ritorno quindi all’opera del romanziere. Abbiamo tutte le informazioni, allora mi sono detto: dobbiamo puntare al cuore. Ho fatto la stessa cosa con Questa non è una notizia.

Se vogliamo sensibilizzare, dobbiamo commuoverci, turbarci, arrabbiarci, interrogarci. E forse proprio i romanzieri, i cineasti, i cantanti a volte hanno questo strumento sensibile che è parlare al cuore per cercare di risvegliare le coscienze. Questo è il nostro ruolo.

Ti racconto di mio figlio

Filippo Besson

208 pagine

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