È un documentario impressionante. “La vita davanti a lei”, di Manon Loizeau, grande reporter e regista che segue Elaha, afghana di 14 anni, nel suo esilio e nella sua determinazione. Musica e canzoni di sorella Emily. Questi due, eredi di genitori aperti al mondo, guardano l’intimo e l’universale nelle parole, nelle immagini o negli appunti. “Strong Enough” e “The Rainbow In Your Heart”, due canzoni create per il film di sua sorella, sono al centro di “La undergrounde”, l’ultimo album di Emily Loizeau uscito lo scorso settembre. Simboli di quest’opera dove l’autore-compositore dalla voce dorata e dall’agile pianoforte, ha scelto di portare alla luce nel rumore ambientale i segni della speranza e della forza.
“Lazzi”, opera teatrale creata da Fabrice Melquiot che chiede all’artista nel 2022 musiche e canzoni, è la seconda fonte di questo “Soutraine” con 12 titoli in inglese o francese, come spesso accade con il binazionale. Due uomini chiudono l’ultimo videoclub del mondo (sbagliato: abbiamo ancora Yoyo a Bordeaux!) e vanno a vivere lontano dalla città, piangendo ciascuno una donna. Dopo altri tre primi album “egocentrici” (Loizeau dixit), la cantante di “A l’autre bout du monde” guarda altrove, continuando a parlare di sé e di noi. “Icare”, opera del 2021 in versione tempestosa e ribelle. Più solare e resistente è “The Underground”.
“Inclassificabile”
“Come si salva l’amore in questi crolli del mondo”, riassume Emily Loizeau riguardo a un album in cui le donne incarnano volentieri la forza e la fragilità della terra. “Ho amato subito la sua voce perché ha qualcosa di inclassificabile e impossibile da definire”, dichiara John Parish, il leader inglese della produzione musicale (PJ Harvey in particolare) che ha accolto Loizeau nelle sue ultime due creazioni. Stessa squadra musicale e tecnica del commovente spettacolo di “Icare”: “per impregnare la retina quanto l’orecchio”, promette il quasi cinquantenne. Siamo fiduciosi.
Giovedì 5 dicembre (ore 20,30) a Cenon, Rocher de Palmer. 26 euro.
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