UNmentre è in corso il processo per l’assassinio di Samuel Paty, che il 7 gennaio ricorrerà il decennale dell’attentato contro Charlie Hebdocon il suo corteo di fumettisti uccisi, una decina di storici dell’arte e alcuni studenti hanno lavorato martedì 26 novembre, a Sciences Po Paris, attorno a una domanda: cosa fare con le “immagini insopportabili”? Come definirli, cosa dicono, come mostrarli e farli accettare? Eravamo lì.
Il tema è magnifico e tragico, all’intersezione tra arte e informazione. Queste immagini sono inquietanti, disgustose, ripugnanti, traumatizzanti. Con le lacrime agli occhi, Nathalie Bondil, direttrice del museo e delle mostre dell’Istituto del mondo arabo, ha mostrato la foto che ha fatto il giro del mondo della studentessa iraniana che cammina per strada in mutande per denunciare la dieta. “Non so cosa fare con questa immagine insopportabile. »
È in gioco la questione di come viene rappresentato il mondo: nelle università, nei musei, nei media. Ciò che viene mostrato a volte ha una portata universale: corpo torturato, volto mutilato. In altri casi è lo spettatore, con la sua cultura e le sue convinzioni, anche le sue lotte, a trasmettere un’immagine insopportabile.
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Poiché il campo ha una forte tendenza ad espandersi, a essere più legato allo spettatore che al soggetto, Laurence Bertrand Dorléac, professore di storia dell’arte a Sciences Po e presidente della Fondazione nazionale di scienze politiche, ha assunto un tono solenne: “La storia dell’arte è piena di storie terribili. Non è Topolino. Gli artisti sono coraggiosi e affascinati da argomenti non piacevoli. Si appropriano di tutti i tipi di immagini dure, in particolare di quelle attuali. Quindi punterò i piedi. Possiamo ancora mostrare immagini che alcune persone trovano insopportabili? Accettiamo di affrontare ciò che l’umanità ha vissuto fin dalla notte dei tempi? Sì o no? »
Vinto dalla modestia
Silenzio nella stanza. Porre la domanda significa rispondere. “Crescono i pregiudizi”riconosce Nathalie Bondil. Un modo per dire che la presa di distanza da un’immagine dura si sgretola a favore dei sentimenti personali. L’offesa prevale sull’analisi.
A ciò si aggiunge un’osservazione, fatta da Christine Vidal, co-direttrice del centro d’arte Le Bal, a Parigi: perché molti giovani, saturi di immagini violente su Internet, trovano insopportabile la dolce fotografia di una donna a seno nudo esposta in un museo? Perché la modestia vince su di loro?
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