Sua madre è stata allevata dai gatti, scrive in lei Odile Tremblay Bestiario perdutoappena pubblicato su Le Boréal. Inoltre, i felini della matriarca sembravano avere diritto a maggiore considerazione rispetto alla sua stessa prole. Niente che turbasse Odile, che adorava questa madre estrosa e colta, dalla quale ereditò la sete di conoscenza, un’elegante stravaganza e il fascino per le “piccole creature”.
Inserito alle 8:15
“Siamo piccoli animali”, mi confidava spesso Odile, per la quale la distinzione tra animali ed esseri umani è meno netta che per l’orso medio. Non sono solo i lupi ad essere carnivori…
Odile, più che una collega e una fata madrina, è un’amica, anche se sono 25 anni che frequentiamo il cinema. “Cara Odile”, mi ha scritto Marc-André Lussier quando ha pubblicato un articolo sottile e ricco di sfumature, che ha colpito nel segno. Se n’è andata Dovere quasi un anno fa e ci manca ogni giorno. Sono felice di trovare l’editorialista in queste trenta storie creative, ispirate e colorate.
Sia chiaro: questo primo libro non è affatto un “lavoro di giornalista” nel senso peggiorativo in cui può essere inteso. Al contrario. La scrittrice con la sua fantasia sfrenata ha liberato l’editorialista da ciò che restava delle sue catene giornalistiche. Ma ci ricolleghiamo allo stile unico, al respiro poetico, all’eloquenza e all’erudizione di questa autrice che, per sua stessa ammissione, non si prende sul serio, ma non scherza con la letteratura.
Ci sono echi lontani di Poisson-scorpione di Nicolas Bouvier in questo bestiario che fa da sfondo ai numerosi viaggi di Odile Tremblay negli angoli più esotici del pianeta. La differenza è che i suoi racconti si ispirano al vero come al falso, al reale come all’abisso dei sogni, ai ricordi dell’infanzia nella regione del Quebec così come ai soggiorni più o meno prolungati, dall’Amazzonia al Dall’Indonesia e dalla California alle Mauritius.
All’età di 20 anni visse per diversi mesi a Marrakech, familiarizzando con gli usi e i costumi dei mercanti marocchini. Allo stesso tempo, a Istanbul, ha incontrato un orso dei Carpazi. Molti anni dopo, mentre si recava a Mostar, interagisce con una cavalletta gigante. Poi, durante un’intervista con Léo Ferré, un ragno sul soffitto gli consigliò di rassicurare questo monumento del canto aracnofobico, divenuto fragile lontano dalla sua base.
Chi conosce Odile sa che dice di essere un po’ vistosa ai margini. Un’amata strega con il suo vaso virtuale pieno di gris-gris a forma di lucertole, scorpioni o ragni. Comunica con gli animali, a modo suo. Giramondo con doti telepatiche, in una realtà che non ha i miei stessi limiti, e così piace a me. “Abbiamo la civetteria delle nostre fantasie o le fantasie della nostra civetteria”, scrive. E la vita mi sembra molto più piacevole così. »
In questo Bestiario perdutotroviamo riferimenti alla mitologia greca e alle favole religiose, a La Fontaine e a Rimbaud, l’uomo con le suole del vento, a Proust e a Melville il cui Moby Dickscrive Odile, prefigurava l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca.
In questo racconto intitolato Addio alle balene biancheripensa alle focene delle vacanze estive della sua infanzia, di fronte a L’Isle-aux-Coudres, filmato da Pierre Perrault e Michel Brault in Per il resto del mondopoiché cacciato dall’inquinamento delle acque. Riconosco lì il giornalista che incontrai per la prima volta nella vecchia redazione dell’ Doverequasi 30 anni fa, preoccupandosi del futuro del pianeta – e delle piccole creature che lo popolano – data la portata della crisi climatica.
Dalla penna di questa grande signora della critica, i riferimenti cinematografici sono inevitabili, dagli uccelli della sventura di Hitchcock a quelli di James Bond (l’ornitologo, non l’agente 007) passando per i fenicotteri rosa di plastica dei prati del Quebec d’altri tempi, che evocano per lei Barbie di Greta Gerwig.
Nel Borneo, Odile osservò le buffonate di una scimmia maschio alfa che somigliava a Harvey Weinstein. Mentre si trovava nel deserto dei Navajo, si imbatté in un asino dagli occhi tristi come quelli del Balthazar di Bresson che, dice, la pregò di adottarlo. Leggendo che i suoi compagni di classe la soprannominavano affettuosamente “coccodrillo”, mi sono ricordata degli schizzi di rettili che ha lasciato negli anni nei miei quaderni, durante le conferenze stampa al Festival di Cannes.
In questo affascinante Bestiarioben illustrato da Marie-Hélène St-Michel, ho anche imparato che, come me, Pietro e il lupo di Prokofiev era il racconto musicale della sua infanzia. A quel tempo, scrive Odile, “l’arte mi sembrava molto più stimolante della vita reale”. Dopo averlo letto, sospetto che non abbia cambiato idea.
Odile Tremblay firmerà alla Fiera del Libro di Montreal venerdì e domenica.
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Il Bestiario in uno sguardo
Odile Tremblay
Boreale
232 pagine
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