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“Heretic”: Hugh Grant, un cattivo da antologia!

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Sorella Paxton e Sorella Barnes sono due giovani donne missionarie della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, altrimenti noti come Mormoni. Inseriti in una piccola cittadina di montagna del Colorado, suonano nelle case di persone che hanno espresso interesse a saperne di più su questa religione. È così che arrivano, poco prima di una tempesta di neve, a casa di un certo signor Reed. A prima vista, un affascinante gentiluomo di mezza età, estroverso e squisitamente educato. Ma i due visitatori scoprono presto che il loro ospite non è quello che sembra, e che lasciare la sua casa non sarà facile…

Il terrore può nascere da elementi perfettamente innocui. Lo dimostra abilmente “Heretic” che, solo con la sua ambientazione, i suoi dialoghi sempre più incisivi, e un protagonista maschile che tuttavia moltiplica parole gentili e grandi sorrisi, riesce in pochi minuti a instaurare un clima pesante, opprimente, ansiogeno. Anche se alla fine della trama si verificano scene violente, persino cruente, è vero e proprio prima che il film ci intrappoli e dispieghi i suoi principali punti di forza.

Il suo successo poggia in gran parte sulle spalle di Hugh Grant, che qui svolge un magistrale controlavoro. Il simpatico gentiluomo inglese di “Quattro matrimoni e un funerale” (1994) o “Amore a prima vista a Notting Hill” (1999), ora ha 64 anni e accumula ruoli inaspettati (ad esempio, mago disonesto e codardo in “Dungeons”) e draghi” del 2023), riesce qui a usare il suo sorriso leggendario e la sua dizione aristocratica per spaventare. Il suo cattivo da antologia, capace di emozionare con la sua erudizione religiosa e la sua conoscenza enciclopedica, compresa la storia del gioco Monopoli o le accuse di plagio mosse contro il gruppo rock Radiohead dagli Hollies, band degli anni '60, rimarrà a lungo. nei ricordi.

La coppia sceneggiatore-regista, Scott Beck e Bryan Woods, ammette di aver avuto l'idea di ingaggiare l'attore britannico sin dalla sua interpretazione nel film cult “Cloud Atlas” (2012). È una fortuna che a questa idea siano rimasti fedeli gli americani, il cui film non era necessariamente atteso con impazienza. Perché il loro percorso si rivela a dir poco contrastante: dopo un grande successo di cui avevano scritto la sceneggiatura, “Sans un noise”, nel 2018, hanno poi commesso due passi falsi, la produzione del catastrofico “65: La Terre d' before” (2023), poi la sceneggiatura del medium “Bogeyman” (2023), sebbene adattata da Stephen King.

Quest'ultimo lungometraggio non sarà stato però inutile, poiché è senza dubbio lì che si sono lasciati convincere dall'attrice Sophie Thatcher, sorella di Barnes in “Heretic”, che forma con Chloe East (“The Fabelmans”) uno splendido duo che tenta per resistere al signor Reed/Hugh Grant. Poiché le due giovani donne non sono così innocenti come si potrebbe credere, i registi si divertono a portare regolarmente lo spettatore controcorrente e a giocare, sia in difesa che in difesa, sui cliché legati alle religioni.

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