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Ne “La Passione secondo Béatrice”, Béatrice Dalle e Abel Ferrara fanno rivivere il ricordo di Pier Paolo Pasolini

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Béatrice Dalle in “La passione secondo Béatrice”, di Fabrice du Welz. SAINT LAURENT PRODUZIONI / VIXENS

Il temporale previsto nella fornace di Locarno (Svizzera) non si è verificato. Mercoledì 14 agosto il cielo si è appena rannuvolato e il regista italo-americano Abel Ferrara, 73 anni, è arrivato con la sua bellissima giacca bianca come una piccola nuvola fluttuante. Tutta vestita di nero, Béatrice Dalle, quasi 60 anni, seduta accanto al fidanzato sul divano di un grande albergo con vista sul Lago Maggiore.

Sembrano due rockstar, un po’ stanche, ma felici e complici. Entrambi tornati dalla droga e dall’alcol, si conoscono da molto tempo. Il direttore di Cattivo tenente (1992) aveva nel l’attrice francese Il blackout (1997), accanto alla top model Claudia Schiffer. Ferrara ricorda lo shock provocato da 37°2 al mattino (1986), di Jean-Jacques Beineix (1946-2022), che rivela Béatrice Dalle, il suo viso angelico e il suo broncio disgustato dalla vita. “Stavo trascorrendo l’estate a New York e tutti ne parlavano Betty Blu [titre américain du film]. La gente diceva: “Devi andare a vedere questa ragazza!” Béatrice, la amo sullo schermo e fuori dallo schermo», confida.

Al Locarno International Film Festival Dalle e Ferrara promuovono un documentario che li riunisce di nuovo, La Passione secondo Beatricedel belga Fabrice du Welz, nelle sale mercoledì 20 novembre. Il film segue le tracce in Italia del regista e poeta Pier Paolo Pasolini (1922-1975), dalla sua regione natale alle location delle riprese.

“Un parallelo con Caravaggio”

Béatrice Dalle è la protagonista, che si sposta di città in città, incontrando chi le racconta dell’artista sulfureo, l’amore della sua vita, dichiara. Una tappa a Roma, dove oggi vive Ferrara, è l’occasione per un confronto con il regista di Pasolini (2014), con Willem Dafoe, sull’ultimo giorno dell’uomo assassinato sulla spiaggia di Ostia, a sud-ovest di Roma, in circostanze rimaste misteriose.

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Abel Ferrara in “La passione secondo Béatrice”, di Fabrice du Welz. SAINT LAURENT PRODUZIONI / VIXENS

In un bianco e nero setoso, l’opera di Fabrice du Welz disegna un ritratto vuoto di Béatrice Dalle, che aveva 17 anni quando scoprì Salo o i 120 giorni di Sodoma (1975). “Era in una stanza parigina, a Saint-Michel. Con la mia schifosa cultura che avevo in quel momento, mi sono detto: “Non è questo il più grande film antifascista che stiamo vedendo attualmente?” Ho iniziato a interessarmi a lui, ai suoi scritti, agli altri suoi film. In Teorema [1968]Pasolini filma le donne, e soprattutto Silvana Mangano, come statue greche. A volte faccio un parallelo con Caravaggio [peintre italien (1571-1610)], che era stato accusato di aver utilizzato una prostituta come modella. Caravaggio aveva scelto la ragazza più bella che conosceva per rappresentare la Vergine. Perché voleva solo che la Vergine fosse sublime e che le sue donne fossero di carne e ossa”ha detto.

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