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In “L’Eté au Jary”, Julien Bouissoux racconta con umorismo il difficile lutto dell’infanzia

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Lisbeth Koutchoumoff Arman

Pubblicato il 17 novembre 2024 alle 11:04. / Modificato il 17 novembre 2024 alle 11:07.

Nel vortice della vita familiare, nel cuore della vita di coppia e dei suoi silenzi rivelatori, anche nel mezzo della vita da quando ha 45 anni e ha appena saputo che suo padre si sta avvicinando alla fine, il narratore di Estate a Jary applica un metodo ormai consolidato: non rispondere alle frecciate e rimanere in silenzio. “Ho imparato a respirare in questi casi. Inspira lentamente. Lo lasciamo andare e poi passa. Molta aria. Piccolo flusso. Nella vita, spesso, quando le cose non vanno bene, bisogna pensare solo ad altro”.

Nei suoi romanzi, anche nelle sue sceneggiature, con Lionel Baier tra gli altri, Julien Bouissoux tratteggia il sentimento di vuoto esistenziale che può colpire chiunque abiti nelle nostre società dell’eccesso e dell’eccesso di comodità. Dopo Gennaio (L’Olivier) del 2018, una farsa sul mondo del lavoro dove dipendente, sempre più emarginato e sempre più determinato a domare il vuoto crescente delle sue giornate, Julien Bouissoux si riconnette qui con la vena di Viaggia leggerocon al centro già un personaggio alla ricerca di una vita diversa dalla propria.

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