Colei che è diventata la prima presidente del Parlamento europeo, che è rimasta una strenua combattente per i diritti umani e l’emancipazione delle donne, viene a confidarci le sue gioie e i suoi segreti, le sue lotte e i suoi dolori. Per lei, l’attrice Sophie Caritté mette tutto il suo talento in un’interpretazione accattivante che unisce intimità e determinazione: un gioiello teatrale.
Un’icona
Come interpretare un’icona del Novecento? Come ritrarre una donna che si è espressa veramente solo nella sua commovente autobiografia, Una vita pubblicato da Stock nel 2007 e il cui titolo è stato “preso in prestito” da Maupassant. Simone Jacob, nata il 13 luglio 1927 a Nizza e deportata giovanissima con tutta la famiglia ad Auschwitz-Birkenau, non aveva altra scelta, racconta, che continuare a vivere, da sopravvissuta e custode di una memoria di orrore. . Vivere e sopravvivere, dopo il ritorno dai lager e dalla “marcia della morte” del 1945, quando i suoi genitori e parte della sua famiglia furono decimati. Ben presto, decide di iscriversi alla facoltà di giurisprudenza: passerà la vita a difendere uomini e donne i cui diritti sono violati, quelli dei prigionieri rinchiusi nelle loro celle, quelli delle donne condannate all’aborto clandestino. Colei che portò davanti a un’assemblea di uomini increduli la legge Velo che depenalizzò l’aborto nel 1975, sotto la presidenza di Valéry Giscard d’Estaing, era anche una donna di cuore che dubita, costantemente in riflessione. Una moglie e una madre che si prende cura dei suoi cari che la circondano. Un’amica fedele, una lettrice assetata e un’amante delle arti, una donna che vive, che ama e che desidera attraverso tutte le sue lotte, libera soprattutto.
Un’interpretazione notevole
©KevinLouviot
Vestita con un completo e uno chignon basso, l’attrice Sophie Carrité presta la sua bionda alla bruna Simone con notevole semplicità e grazia. Voce morbida e calma, non cerca mai di imitare o copiare. Al contrario, la sua performance è sorprendentemente libera e sensuale, e si apre agli spettatori attraverso una calda intimità. In uno splendido scenario bagnato di bianco, l’onda ondulata di una sedia a sdraio che dispiega le sue curve languide, il personaggio ripercorre tutte le età della sua esistenza, un’infanzia più che felice a Nizza attorno a una madre ammirevole, un’educazione emotiva e culturale terreno che permette alla giovane di affermare molto presto una personalità potente. Farà l’avvocato, dice spesso “no”, e non fa che conti.
©KevinLouviot
Il bellissimo testo, semplice e potente, di Arnaud Aubert, che dirige anche lo spettacolo, costituisce il filo conduttore di un viaggio commovente. Quella di una donna che si è sviluppata molto velocemente e molto presto, dotata di una forza di carattere, di una determinazione e di una rettitudine che si opponevano a ogni compromesso e a ogni cinismo. L’attrice affronta questo viaggio con una facilità, una libertà che è rimasta il filo conduttore di tutta la vita di Simone Veil. Nel suo giardino in Normandia, in abito floreale, o davanti al Parlamento Europeo, di fronte ai deputati francesi o sul suo letto circondata dai suoi tre figli, in viaggio in Marocco con le amiche o con suo marito che le rimproverava la sua mancanza di umorismo, è una donna vibrante e piena di vita quella che abbiamo davanti. In questi tempi turbati dalle guerre e dall’ascesa del populismo nel mondo, queste parole piene di speranza nell’umanità e questo spettacolo ci fanno il bene più grande.
Helene Kuttner
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