“E passa e passa”
Si comincia forte. Magda mette in scena uno spettacolo, vestita con i suoi iconici pantaloncini di jeans neri, un top specchiato dorato e un’ampia giacca con la sua immagine. Ci lancia addosso cose che non capiamo, ma dai frammenti che riceviamo, ci diciamo che non sta andando molto bene, che deve essere stata una giornata impegnativa. Saluta il pubblico, invoca l’amore e, con parole staccate che arrivano più veloci dei suoi pensieri, ci presenta la sua squadra, il suo corpo comune: Gaspard Guilbert, “colui che fa tremare la terra, è capace di risvegliare i morti, è capace di farli giocare con noi; Meno male, perché li abbiamo invitati tutti”, Bia Kaysel, “colei che fa sembrare che i miei occhi abbiano tanti piccoli colori, colei che fa brillare la mia anima” e Alice Martins, “il fiore dei fiori, la ciliegina sulla torta la torta, la crema delle creme, lei è praticamente l’eroina della storia”.
Hanno sguardi che brillano e, fin dai primi istanti, affermano: la morte non prenderà noi vivi! La luce è scritta meravigliosamente. Un mezzo alone rosa addolcisce il dolore. Più tardi si parlerà di separare i mondi, ma solo simbolicamente. Lo spazio è attraversato da un confine che trasforma l’incenso in una linea che brilla di mille luci. Ma tra i fantasmi c’è la danza, trasportata superbamente dalla colonna sonora di Gaspard, avvolgente, quasi cinematografica, che riesce addirittura a trascendere Figlie addolorate di Gerusalemme, RV 638: II. Tacciano gli Zefiriil monumento alla bellezza di Vivaldi.
“O sei vivo o sei morto”
Il lutto è un atto personale. Può essere vissuta con grandi scoppi di pianto collettivo o da soli nel proprio angolo. La rosa di Gerico incarna tutte le possibili posture di tutte le possibili culture. Piangere è un gesto coreografico? Oh sì. Il pezzo evoca e consola. Ma è possibile respingere incantesimi malvagi o consolare le anime in lutto attraverso gesti di dominio: a quattro zampe, Alice diventa un animale al servizio della sua potente padrona Magda. Può essere un abbraccio ispirato alle farandole di Pina Bausch, un assolo in cui Alice porta tutti i dolori del mondo sulle sue spalle arcuate, con il suo baricentro che tira verso l’inferno. Potrebbe essere schiacciato dai dettagli, come l’auto di un bambino. Può essere un incantesimo, ginocchia e gambe piegate in interi secondi, il viso interamente coperto da un velo rosa. Potrebbe essere una mano che trattiene una mascella pronta a crollare.
Queer occidentale
Nella sua drammaturgia, La rosa di Gerico passa dal caos alla pace, su una strada per definizione montuosa. La coerenza tra le parole, la danza, il suono e la luce è rafforzata dai costumi, in particolare da queste giacche con frange dorate e trasparenti. Lutto, un western? Il parallelo non è del tutto assurdo: esiste un grande cattivo, chiamato ingiustizia, mancanza e sgomento, e un bravo ragazzo chiamato negazione. E che aspetto ha sul palco? Beh, pop zombie alla pari Cose più strane. Il corpo completamente lussato esprime la stanchezza di fronte alle morti, soprattutto quelle brutali, e questo desiderio folle di riportarle indietro. E la negazione? Questo prende la forma di una scopata bellissima, intensa ed estenuante. Sesso e vanità contro il mietitore che sembra un pugile, prendiamolo!
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