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“La vita sotto occupazione va oltre la trascrizione giornalistica dei fatti”

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Basel Adra e Yuval Abraham, a Parigi, 29 ottobre 2024. STEPHANE DE SAKUTIN/AFP

Nelle montagne al confine meridionale della Cisgiordania si trova Massafer Yatta, una comunità di una ventina di villaggi beduini, un territorio dichiarato illegittimo dallo Stato israeliano e conteso dall’esercito agli abitanti per farne una zona di addestramento militare. Quattro giovani giornalisti, palestinesi e israeliani, hanno unito le forze per riferire sulla situazione Nessun’altra terraun film toccante e un documento di prima mano sul processo di colonizzazione in corso. Due di loro, Basel Adra, un residente locale che da anni filma l’espulsione del suo popolo, e Yuval Abraham, un israeliano di lingua araba, sono venuti a Parigi per sostenere l’uscita del film. Lontano dalla lotta che combattono quotidianamente, la piccola bolla privilegiata dell’Occidente diffonde su di loro un torpore che sopportano con sospetto. Durante l’intervista, entrambi lottano a turno contro la stanchezza, per far sentire una dichiarazione forte.

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Come è nato il film?

Basilea Adra: Siamo un gruppo di quattro giornalisti attivisti, ci siamo conosciuti sul campo. Ciò che documentavamo continuamente, abbiamo deciso di trasformarlo in un lungometraggio, con l’aiuto di Close Up, un programma di sviluppo per film di saggistica in Medio Oriente. Ci sono voluti cinque anni, in condizioni molto precarie. Le demolizioni di case potevano avvenire in qualsiasi momento, dovevi essere in grado di mollare tutto per correre e filmare. I militari potrebbero invadere la mia casa da un momento all’altro. Una volta hanno confiscato cinque macchine fotografiche e un computer portatile che noi attivisti usavamo sul campo. Ma volevamo creare conoscenza, pressione politica e garantire che la nostra comunità non venisse cancellata dall’occupazione.

Come giornalisti hanno sperimentato l’esercizio istantaneo della stampa online e dei social network, perché hai scelto di utilizzare il cinema, una forma più lenta e riflessiva?

Yuval Abraham: Quando sono arrivato per la prima volta in Cisgiordania, cinque anni fa, ero consapevole dei fatti. Sapevo che il territorio era occupato, che l’esercito stava distruggendo le case palestinesi per impossessarsi delle terre situate vicino agli insediamenti. Ma, sul posto, ciò che ha fatto la differenza è stata l’emozione. Quando vedi il volto di una famiglia che viene sfrattata dalla propria casa, quando senti il ​​rumore di una granata che esplode accanto a te e senti il ​​tuo cuore battere, è un tipo diverso di realtà. La vita sotto occupazione va oltre la trascrizione giornalistica dei fatti. Inoltre, la violenza a Massafer Yatta va avanti da decenni. Un giornalista che è solo di passaggio rischia di perdere il quadro più ampio. Abbiamo raccolto materiale nell’arco di venticinque anni e ci è voluto molto tempo per raccontare una storia che abbraccia tre generazioni.

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