L’OPINIONE DEL “MONDO” – DA NON PERDERE
Un appartamento a un piano alto a Sarajevo, in Bosnia ed Erzegovina. Davanti alla finestra, un gruppo di giovani, fuori campo, commenta le inquadrature che cadono sul palazzo di fronte. Uno di loro tiene la macchina fotografica e registra tutto. “Non restare nell’inquadratura”gli dice un amico, mentre i bombardamenti si intensificano. Queste immagini furono girate nella primavera del 1992, da Nedim Alikadic, quando i sarajeviani scoprirono, sgomenti, la situazione: la loro città era stata bombardata dai serbi e non potevano più scappare (almeno inizialmente). L’assedio durerà quattro anni (fino al 29 febbraio 1996).
Questo video è uno dei documenti rinvenuti da Jean-Gabriel Périot nel suo nuovo lungometraggio. Ricordare una città riattiva la memoria dell’assedio di Sarajevo, con filmati girati all’epoca da dilettanti o studenti di cinema. Classe 1974, il documentarista possiede l’arte di rivisitare gli archivi e di gettare su di essi una nuova luce. Il suo lavoro prolifico abbraccia lotte politiche – La delicata arte del matraque (2009), Il diavolo (2012), Un giovane tedesco (2015), Le nostre sconfitte (2019) –, ma anche sociale, intimo, tale Ritorno a Reims (Frammenti), (2021), César per il miglior documentario.
Viaggio nel tempo
Diviso in due atti, Ricordare una città non ha paura di confondersi durante la prima mezz’ora, prima di installare un dispositivo preciso. La forza del film è la sua grande originalità e il suo rigore documentaristico. La prima parte consegna senza commenti vari archivi filmati durante il blocco: reportage per la televisione o per l’esercito, che elogiano il coraggio di questi giovani bosniaci che si erano improvvisati soldati; un diario di bordo, tenuto da un ragazzo, figlio di un chirurgo, che prestava assistenza in ospedale e si ritrovava ad avvolgere in una borsa una gamba amputata; ma anche video festosi durante una proiezione improvvisata… Ricordiamo che il Sarajevo Film Festival è nato nel 1995, come gesto di sopravvivenza, dopo diverse edizioni selvagge.
Nella seconda parte, Périot intervista successivamente i filmatori (cinque in totale) a Sarajevo: gli incontri si svolgono in un quartiere scelto da ciascuno di loro – in particolare a Dobrinja, molto colpito dalla guerra. Poi ogni autore, a turno, riscopre il proprio archivio su un tablet. La telecamera arriva addirittura a catturare il riflesso del volto di Nedim Alikadic sullo schermo, mentre il cinquantenne guarda i suoi video da adolescente.
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