È questo sabato che il Museo Ifan di Gorée riceverà un’opera dell’artista e scrittrice marocchina Mahi Binebine. “Nella stessa barca”, una grande tela che costituisce il collegamento tra due tragedie del continente africano, l’emigrazione e la schiavitù, è stata realizzata appositamente dall’artista per essere offerta al Senegal.Par Mame Woury THIOUBOU –
Fino all’età di 4 anni, Mahi Binebine, noto scrittore e pittore marocchino, ha vissuto con uno schiavo “ereditato” da suo nonno. Quando all’età di 28 anni decise di concludere la sua carriera di insegnante di matematica in Francia e di dedicarsi all’arte che aveva sempre desiderato perseguire, fu nella vita di questa donna che trovò la storia che lo catapultò dritto nel mondo della matematica. scrivere. “Ho scritto questo romanzo, Il sonno dello schiavo, in cui racconto di come è stata razziata nel suo villaggio natale, di come verrà messa incinta dal padrone, di come le vorranno portare via il bambino, ecc. La schiavitù è stata abolita non so quante volte, ma l’ultima volta in Marocco è stata negli anni ’60. E quando gli abbiamo detto che sei libero, non ha significato niente. Non avevano un posto dove andare, quindi rimasero nelle case e diventarono anche nonni, nonne e servi. L’ho sperimentato fin da quando ero piccola. Quindi il tema della schiavitù mi ha sempre turbato”. Pubblicato nel 1992, Il sonno dello schiavo vince nello stesso anno il Prix Méditerranée. Questo mercoledì 6 novembre, la firma di un accordo con l’Istituto Fondamentale dell’Africa Nera (Ifan) da cui dipende il Museo di Gorée, conferma la donazione di un dipinto emblematico che sarà esposto a Gorée. Lo scambio di firme è avvenuto a Dakar proprio mentre l’opera arrivava finalmente nella capitale senegalese. Nella stessa barca è rappresentata una barca che l’artista ha dipinto di rosso. All’interno della barca, sagome tormentate, dipinte di giallo. Ci sono voluti tre giorni di viaggio in camion perché l’opera arrivasse a Dakar. L’artista, accompagnato dalla famiglia e dalla giornalista di France 24 Fatimata Wane, con la quale ha ideato il Festival del libro africano di Marrakech (Flam), presenterà questo sabato al Museo Ifan di Gorée l’opera che “porta nelle vene il doloroso passato di schiavitù”, nelle parole del professor Alla Manga. “L’opera Nella stessa barca risuona come una litania silenziosa, un canto doloroso che attraversa i secoli. È una toccante evocazione della schiavitù e dell’emigrazione clandestina, due facce della stessa medaglia, due epoche separate dall’illusione del tempo, ma unite dal tragico destino di chi lotta per la propria libertà spiega una nota stampa.
“Gli schiavi non sapevano dove andavano, gli altri lo sanno…”
“Sono felice di vedere questo dipinto in questo museo”, sottolinea l’autore, il cui altro tema preferito rimane l’emigrazione. “Ho scritto Cannibale, dove racconto la storia del perché i giovani africani vogliono andare in Europa. Succede una notte a Tangeri, aspettano il trafficante e tutti raccontano la loro storia. Provengono da diversi paesi africani ed è la confluenza di diversi destini e miserie. E così la barca collega le due storie. Gli schiavi non sapevano dove andavano, gli altri lo sanno, ma è la stessa storia”. Il dipinto intitolato Nella stessa barca è stato realizzato espressamente dall’autore per essere offerto al Senegal. “Attraverso questo lavoro voglio dire che tutta l’umanità è imbarcata sulla stessa fragile nave, sballottata dalle onde della storia. Che siano di ferro o di disperazione, le catene della schiavitù ostacolano comunque le stesse aspirazioni alla libertà. E che finché gli uomini cercheranno di sfuggire all’oppressione, la lotta per un mondo migliore continuerà a infuriare, in mare come in terra. Celebrando quest’opera Sulla stessa barca, celebriamo anche questo tempo di un’Africa nuova, orgogliosa e resiliente. Possa questo lavoro essere un inno alla nostra capacità di superare le prove, di trasformare le catene in opportunità e di navigare insieme verso orizzonti luminosi. Possa la barca della nostra comune umanità, nutrita dallo spirito di solidarietà africana, guidarci verso sponde di pace e di prosperità condivisa”, scrive l’artista riguardo al suo lavoro.
Secondo l’artista, che si tratti dell’emigrazione clandestina o del jihadismo quello che ha evocato nella sua opera Le stelle di Sidi Moumen adattata per il cinema da Nabil Ayouch (I cavalli di Dio), le radici sono le stesse. Questo spiega l’impegno dell’artista nei confronti dei bambini. “Con un amico regista abbiamo creato centri culturali nelle baraccopoli. Ognuno di questi centri accoglie migliaia di bambini e noi li educhiamo, facciamo il lavoro che lo Stato non fa. Nel 2003, 14 giovani lasciarono una baraccopoli e si fecero esplodere in tutta Casablanca. Avremmo potuto evitarlo”, sottolinea Binebine. Questi 6 centri, situati in particolare a Tangeri, Casablanca e Marrakech, dovrebbero essere estesi ad altre città del Marocco, ma anche alla Tunisia e all’Africa sub-sahariana.
“Sulla stessa barca” al Museo di Gorée
Secondo il professor Alla Manga di Ifan, questa generosa donazione rientra in uno dei temi principali di Gorée, la schiavitù. Il dipinto entrerà così a far parte della collezione permanente del Museo Ifan di Gorée. Un gesto da celebrare secondo Fatimata Wane, giornalista di France 24 e cofondatrice insieme all’artista del Marrakech African Book Festival (Flam). La presentazione di quest’opera è, secondo lei, una celebrazione, un omaggio “a quest’Africa che vogliamo unire”. L’inaugurazione darà così luogo a un dialogo tra l’artista marocchino e il senegalese Kalidou Kassé, attorno a un pannello, sotto lo sguardo delle popolazioni di Gorée.
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