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Un Romeo e Giulietta mascolino al Cairo degli anni ’80

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Nel suo promettente primo romanzo, Quello che so di te, Éric Chacour fa rivivere la Cairo vibrante e cosmopolita che i suoi genitori conoscevano: quella dello Sporting Club, le melodie di Mohamed Mounir, le canzoni di Dalida e Demis Roussos, i profumi del cumino, coriandolo, cipolle fritte, immondizia bruciata, fagioli piccanti e gelsomino… È anche la storia dei Chawam, una comunità levantina cristiana e francofila, estranea all’Egitto, plasmata dalle ambizioni nasseriste di riconquista dell’identità araba, e dall’ascesa di L’islamismo un po’ più tardi. Senza cadere in un romanzo storico o sociologico, il romanziere utilizza il declino di questa comunità come sfondo per illustrare la caduta del suo personaggio principale, Tarek Seidah.

Fedele a una promessa d’infanzia fatta prima di comprendere che “bisogna diffidare delle domande semplici”, Tarek segue le orme del padre, diventa un brillante medico, si sposa e incarna così il perfetto modello di successo, senza mai rinunciare a mettere in discussione i suoi progressi. La sua vita cambia il giorno in cui prende finalmente una decisione per se stesso e apre un dispensario nel quartiere disagiato di Moqattam. È lì che incontra Ali, “un ragazzaccio”, in cui scopre presto il suo alter ego, l’incarnazione di quello che avrebbe potuto essere senza i vincoli e il peso delle responsabilità sociali: “Ali ti affascinava. C’era in lui una libertà assoluta, un’assenza di calcolo, un’esaltazione del presente. Non era vincolato da alcun passato e non vedeva il futuro attraverso i tuoi stessi vincoli. »

Tarek e Ali si avvicinano dopo un bacio innocente che rivela al dottore una parte di sé che aveva senza dubbio represso. Da allora nasce un rapporto complesso tra questi due esseri che sono separati da tutto (età, religione, ambiente sociale, educazione, ecc.) e che hanno in comune solo il semplice fatto di essere uomini. Un tratto che finisce per condannarli, perché il Cairo degli anni ’80 non è un terreno fertile per una relazione omosessuale, tanto meno per un uomo sposato!

Infatti, Omar Bey, uno dei suoi pazienti che ha avuto anche lui una relazione clandestina con Ali, ha diffuso la voce che minacciava la carriera e la vita di Tarek: “è sempre conveniente purificare la propria anima dal vizio degli altri”. Di fronte a questo sfogo, Om Tarek interviene come un deus ex machina, cercando di salvare la famiglia di suo figlio. Mette allora in atto uno stratagemma destinato a separare i due amanti, e che Ali, rassegnato, finisce per accettare: “Era solo l’assistente del medico. Dell’uomo, dell’amante. Lo avevi confinato in briciole della tua esistenza, ricoprendo ruoli senza ambizioni. Non avevi mai rinunciato a nulla per lui. Avevi semplicemente condiviso un po’ del tuo presente soffocante, dove tua madre gli offriva un futuro. »

Diviso tra la ragione che lo spinge a mantenere il rapporto con sua moglie e la sua cieca passione per Ali, Tarek si ritrova costretto ad andare in esilio a Montreal. Per raccontare gli episodi ambientati in Canada, Chacour, con la sua scrittura suggestiva, opta per una narrazione cinematografica che sottolinea l’atonia, addirittura la morte simbolica, dell’eroe che torna in Egitto solo dopo quindici anni per il funerale di sua madre, senza sapere che una forza invisibile, il mektoub, sta manipolando le carte del suo destino.

Questo deragliamento, “quello di un uomo la cui vita somiglia a una partitura già scritta e che si rifiuta di suonarla”, è raccontato da un enigmatico narratore la cui vita è stata segnata dall’assenza di Tarek e che gli parla sotto forma di un lungo lettera, assumendo l’aspetto di un monologo interiore. Questo testimone inaspettato, che si rivela solo nell’ultimo terzo del racconto, permettendo al romanzo di assumere tutta la sua portata, tenta di resuscitare questa persona assente che finisce per occupare tutto lo spazio: “La somma delle mie deduzioni ha finito per raccontare una storia : il tuo. O per essere precisi, la mia storia su di te. »

Attraverso questa storia d’amore impossibile, drammatica e allo stesso tempo tenera, Éric Chacour dipinge lo schiacciamento degli uomini di fronte alle responsabilità loro imposte, ma anche quello delle donne di fronte alle responsabilità che vengono loro rifiutate, e mette in discussione la natura della libertà che in definitiva è solo una illusione. Credendo di scegliere la propria strada, Tarek si ritrova intrappolato in un destino che non ha mai avuto la capacità di controllare. La vera tragedia sta qui. E in questa semplice domanda che, secondo l’autore, molti rifiutano di porsi, la risposta può essere vertiginosa: “Cosa avrebbe detto il bambino che ero dell’adulto che sono diventato? »

Quello che so di te di Éric Chacour, Philippe Rey, 2023, 304 p.

Nel suo promettente primo romanzo, Quello che so di te, Éric Chacour fa rivivere la Cairo vibrante e cosmopolita che i suoi genitori conoscevano: quella dello Sporting Club, le melodie di Mohamed Mounir, le canzoni di Dalida e Demis Roussos, i profumi del cumino, coriandolo, cipolle fritte, immondizia bruciata, fagioli piccanti e gelsomino… È anche la storia dei Chawam,…

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