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INCONTRARE. Maryse Burgot, grande reporter e “figlia di contadini”

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Bisogna avere una certa età per ricordare che Maryse Burgot era ostaggio a Jolo, un’isola delle Filippine. Era un quarto di secolo fa. Reporting con un team di Francia 2la giornalista cadde nelle grinfie di un’organizzazione terroristica che la tenne prigioniera per quasi due mesi, dal 9 luglio al 20 agosto 2000.

Dopo il suo rilascio, la giornalista, allora 36enne, fece di tutto per cancellare questo episodio dalla sua memoria. “Maryse Burgot rifiuta di essere un ex ostaggio a vita”, titolo Francia occidentale, il 15 settembre 2000, che l’ha incontrata nella fattoria dei suoi genitori, a Bazouges-la-Pérouse (Ille-et-Vilaine), dove si era recata per riprendere le forze.

La giornalista mantenne la sua linea. Non ha mai parlato di Jolo. “I miei giovani colleghi non sanno che ero in ostaggio”, spiega oggi, mentre pubblica Lontano da casa (Éditions Fayard, 350 pagine, 20 €), un racconto autobiografico in cui, per la prima volta, solleva il velo su questa sfortunata esperienza. “All’inizio non volevo parlarne. E poi mi sono detto che era disonesto. Non potrei fare un libro che dica che va tutto bene. Volevo essere trasparente. »

“Ognuno ha i propri metodi”

IL ” infortunio “ de Jolo è ancora lì. “Resta un’umiliazione e un errore, sussurra. Non ne ho mai parlato perché non volevo che mi impedisse di svolgere il mio lavoro. IO…

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