Sulle rive del lago di Lugano, un'Arcadia sognata dagli artisti
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Sulle rive del lago di Lugano, un'Arcadia sognata dagli artisti

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“Mi piacciono i fiori (Bismarckia nobilis II)” (2017), “Mi piacciono i fiori (Pandanus utilis)” (2023), di Julius von Bismarck, e “Arcane Tapestry” (2024), di Amélie Bertrand, presso la Fondazione Bally, a Lugano (Svizzera). ANDREA ROSSETTI/FONDAZIONE BALLY

Dal cuore del Peloponneso alle rive del lago di Lugano, nella Svizzera italiana, il salto sarebbe uno solo: quello dell'immaginazione dell'Arcadia, questa regione greca che, trasportata dalle parole di Virgilio nella sua Bucolico, giunse a incarnare un paradiso pastorale anche nella pittura rinascimentale e barocca italiana. L'idea di una nuova Arcadia modellata all'inizio del XX secoloe secolo nel Canton Ticino secondo questo antico ideale è il punto di partenza della mostra “Arcadia”, immaginata presso la Fondazione Bally, situata in un’antica villa residenziale dal nome greco (la Villa Heleneum) con vista panoramica sul lago.

Il percorso si apre con un fregio di cartoline scovate negli archivi di Lugano che mostrano semplici paesaggi montani del Novecento, impreziositi da qualche cipresso, prima di una svolta radicale, tra gli anni Trenta e Cinquanta, con la comparsa di palme, alcune delle quali realizzate con fotomontaggi anticipatori, una strategia per promuovere un nuovo approccio mediterraneo all'ambiente lacustre.

Con la democratizzazione dell'automobile e l'apertura della regione, situata tra la Svizzera tedesca e l'Italia, il Ticino è diventato una meta ambita. “In quel momento, il Ticino smise di essere il nord del Sud, per diventare il sud del Nord, per attrarre visitatori. Le palme divennero l’emblema di questo nuovo immaginario, a cui si aggiunse un tocco di classicismo: false rovine iniziarono a invadere il paesaggio.”riassume Vittoria Matarrese, direttrice del sito e curatrice della mostra.

Paesaggi fittizi e referenziali

Da vegetazione esotica a resti finti, ovunque, i giardini attorno al lago si trasformano in oasi senza tempo. Il Parco Scherrer, creato tra il 1930 e il 1956 a Morcote da un collezionista d'arte (e aperto al pubblico dal 1965), spinge il gioco del pittoresco al massimo, con riproduzioni di statue antiche, una grotta artificiale e persino un finto tempio greco sorretto da cariatidi.

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“Negative Palm VI” (2024), di Gabriel Moraes Aquino, presso la Fondazione Bally, a Lugano (Svizzera). ANDREA ROSSETTI/FONDAZIONE BALLY

“Arcadia” apre questa visione dello spirito dei luoghi a echi arcadici, osservando il modo in cui gli artisti contemporanei (qui una ventina) giocano con i confini tra natura e artificio, realtà e fantasie, per costruire paesaggi fittizi e referenziali. Se Julius von Bismarck offre una visione romantica, trasformando grandi palme – dalle foglie alle radici – in erbari scultorei, Mehdi-Georges Lahlou crea ingrandimenti di palme malate, viste al microscopio, che non sono sopravvissute ai cambiamenti nei biotopi.

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