l’American Arts Center espone “carte anticoloniali per amanti perduti”

l’American Arts Center espone “carte anticoloniali per amanti perduti”
l’American Arts Center espone “carte anticoloniali per amanti perduti”
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Il progetto “Anti -Colonial Maps for Lost Lovers” investe l’American Arts Center di Casablanca, dal 18 gennaio al 18 marzo. Questa mostra è organizzata da Renata Summo O’Connell in collaborazione con Ibtissam Ghazaoui, nell’ambito di un progetto ideato e condotto di Asma Abbas.

L’evento riunisce artisti del Sud, in particolare Indonesia, Pakistan, Palestina… nell’ambito di una collaborazione volta a creare archivi di “conoscenza condivisa” attraverso carte e autoetnografie. Da qui il titolo che potrebbe tradursi in “carte anticoloniali per amanti perduti”.

Questa mostra si basa sul lavoro svolto durante la residenza Jehanuma 2022, organizzata da GCAS-JEHän e HIC ROSA, con il sostegno del Bard Center for Human Rights and the Arts, del Bard College di Simon’s Rock e dell’Indo Scuola d’Arte e Architettura della Valle.

Articolare “un altro amore”
Il termine “Sud” qui viene inteso come una relazione e non come un luogo geopolitico. L’idea è quella di assemblare e dimostrare modi di leggere, essere, sentire e rendere visibili percorsi “minori” della lotta. Particolare attenzione viene posta laddove le destinazioni si sono perse o hanno preso una piega diversa da quella prevista.

“Anti -Colonial Maps for Lost Lovers” parte dal luogo e dal tempo “non condivisi” per cercare di articolare una politica di “un altro amore”, dove il desiderio politico e il suo perseguimento potrebbero essere pensati diversamente, lontani dalla violenza, dalle conquiste o dall’appropriazione, sperano gli organizzatori.

Dopo la residenza è stata effettuata una restituzione online, che Asma Abbas presenta come primo capitolo. La seconda è la mostra attuale. Se ne spera un terzo, viste le reazioni dei suoi studenti marocchini dell’Università di Al Akhawayn, a Ifrane.

“Questo è il passo successivo. Gli studenti coinvolti hanno studiato e trattato ogni opera d’arte. E quando li abbiamo installati, essendo assenti gli artisti, avevano l’impressione di rappresentarli. È stato fenomenale”, afferma entusiasta l’insegnante. È un po’ sorpresa di essere stata la prima insegnante d’arte ad Al Akhawayn. Ora è la preside della Scuola di e Scienze Sociali.

Vagabondaggio
Tra le opere in mostra si segnala “Black Girls on Mars” (“Ragazze nere su Marte”), dell’americana di origine caraibica Lesley-Ann Brown. Questa poesia-performance rientra nella tradizione di Gil Scott Heron, soprattutto per il suo satirico “Whitey on the Moon” (“Des Blancs sur la Moon”, 1970). Brown esplora il terreno emotivo attraversato quando i coloni europei vengono menzionati allo stesso modo dei migranti neri e marroni nei media occidentali.

L’idea di far tornare “a casa” gli europei dalla Nuova Zelanda, dall’Australia, dalle Americhe… è quindi solo un focus retorico, destinato a far riflettere. La palestinese Diana Yaseen presenta “Lost Youth” (“gioventù perduta”). Esplora come “l’interno non sia solo fisico, ma anche un luogo di sicurezza per la nostra psiche. E quando la casa viene distrutta e la speranza di una creazione ci viene rubata, restano solo le vestigia delle case bruciate che ricordiamo appena nella vaghezza della fuga, e i cuori che ancora soffrono per l’appartenenza”.

Da parte sua, la pakistana Bushra Saleem ha intitolato la sua opera: “My Map is a Portal” (“La mia carta è un portale”) e ci fa immergere in un mondo di narrazione, il cui punto focale è il suo tappeto da preghiera, come la Preghiera/ desiderio/desiderio/ritorno a Dio. Quanto a Babar Naeem Sheikh, è un regista, artista multimediale, musicista ed educatore. La sua “Surrendering Identity” (“rinunciare all’identità”) si immerge nelle “curve delle foglie, impressioni di trame lineari su margouser vecchi di mezzo secolo e l’odore della terra dopo la prima pioggia quando torna sulla scena della sua giovinezza.

Questa installazione audio e video pone la questione se la relazione domestica possa essere priva di nostalgia”, spiega Asma Abbas: “È una grande domanda. Possiamo pensare alla casa senza essere tormentati dall’idea di un nostos fabbricato? Questo luogo dove ritornare, la “Terra Promessa”…”

Murtada Calamy / Ispirazioni ecologiche

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