Jean-Clet Martin, filosofo francese e autore di numerose opere su Deleuze, Derrida e Foucault, ripercorre l’eccezionale inventiva concettuale di questo pensatore inclassificabile, nato nel gennaio 1925.
Della sua vita universitaria, ricordiamo il suo impareggiabile senso pedagogico mentre insegnava nelle università di Clermont-Ferrand, Lione e Vincennes, la sua voce roca e ansimante, le sue lezioni che riempiono l’aula, la sua grande amicizia con Michel Foucault o lo psicanalista Félix Guattari, con il quale sono state scritte congiuntamente diverse opere, di Anti-Edipo ha Cos’è la filosofia? di passaggio Mille altipiani. Del suo lavoro, spesso criticato per questo “anarchismo” o il suo “dandismo”ricordiamo una folle invenzione di concetti: “diagramma”, “variazione”, “ripetizione”, “molteplicità”…
A chi lo critica per aver ceduto al fascino della novità e “buona parola”dal fare chiacchiere, si difende nel“ABC”intervista al fiume girata nel 1988: “Un cattivo filosofo è qualcuno che non inventa un concetto. Esprime opinioni. (…) Qualunque sia il tipo di concetto che ho cercato di creare, posso dire quale problema affronta e perché. Altrimenti sarebbero chiacchiere”. Inventare concetti è per lui il compito stesso della filosofia. È stabilire un evento, segnare a «avanti» e un “Dopo”. Secondo Kant, il concetto di «temp» mai più ebbe lo stesso significato e verrà rilanciato da L’immagine del tempo.
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“Questi concetti sono per lui accordi, spiega il filosofo Jean-Clet Martin, che pubblica questo 22 gennaio Nuove meditazioni metafisiche: Esistenze immaginarie (edizioni Kimé). Una scala è disposta secondo una piega, non solo secondo gli elementi che la compongono. Allo stesso modo, un concetto interessa per ciò che riunisce, per il nuovo campo problematico che definisce. In La Piega, Leibniz e il Baroccopubblicato nel 1988, Deleuze spiega proprio che la piega è “qualcosa che si apre in mezzo, tra le cose, che non è fisso, poiché non esiste identità prima della sua costruzione, dei suoi percorsi”.
“Le relazioni contano più dei termini. Non c’è soggetto lì che sia posto dall’eternità, o in modo innato, e non c’è nemmeno oggetto che si oppone frontalmente al soggetto, in questo tipo di articolazione complessa che abbiamo ereditato da Kant, precisa Jean-Clet Martin. Deleuze rompe così con secoli di ontologia che pone il primato dell’ “sostanza”. Per lui non esiste prima l’identità, solo “diversi modi di piegare”. Deleuze prende l’esempio della costruzione barocca, rispetto alla costruzione classica. “Il barocco è un’architettura dove ci sono pieghe ovunque, dove i mobili sono completamente contorti, dove la luce entrerà indirettamente attraverso orifizi indiretti”spiega Jean-Clet Martin. Quali concetti principali ricordare? Antologia.
Differenza
Deleuze, scrivendo la sua tesi nel 1968 in poi Differenza e ripetizione, si chiede cosa “Fare” la differenza. “Quando saremo nell’identità già fatta, diremo ad esempio che due mele sono identiche… Vediamo chiaramente che ce ne vogliono più di una per dire che sono simili. Sono quindi sempre esteriori, non sono dati nello stesso spazio, poiché non posso collocare il secondo nello stesso punto A del primo senza che i due interferiscano tra loro. spiega Jean-Clet Martin. E precisare: “Essere identici presuppone la differenza di due cose. Abbiamo il difetto di pensare il contrario e di presupporre che l’identità sia primaria, forse alla maniera di Cartesio che fece dell’io una sostanza. Deleuze ritiene invece che ogni soggetto sia un evento che si verifica al termine di un processo complesso e mai chiuso.
Ripetizione
Per Deleuze il concetto di differenza è inseparabile da quello di “ripetizione”. Come spiega Jean-Clet Martin, “è necessario che per essere lo stesso, perché A sia uguale ad A, sia già altro. Lo stesso ha significato solo se si inserisce nell’altro. Non c’è autore che venga presentato come qualcuno che avrebbe visto il suo sistema già pronto senza alcuna prova teatrale, diciamo. Montaigne è nel saggio, ci prova e ripete molto, a strati. Nietzsche allo stesso modo… E Deleuze ripeterà gli autori a suo piacimento modificandoli a sua volta, introducendo lacune molto diverse nei loro testi per percepire ciò che pensavano prima che l’opera fosse realizzata, la difficoltà del problema affrontato, l’intuizione iniziale senza dubbio molto diverso da quello che ricordiamo di loro, troppo accademico. Non esiste il paradiso delle Idee dove tutto sarebbe scritto in anticipo… La ripetizione è la nostra unica arma in un certo senso, un modo di balbettare all’inizio per trovare gradualmente il ritornello giusto.”
Diagramma
“La differenza non è solo esterna. Prende l’esempio scelto da Hegel, del fiore che diventa mela. Sono cambiati… Per Hegel la differenza diventa interiore e produce un divenire”. Ma Deleuze non si accontenta di questa risposta. Egli va oltre Hegel e Leibniz nella loro visione della differenza. “La differenza sarà dell’ordine dell’immanenza, ma non la paragonerà ad un processo dialettico come con Hegel, trovandolo troppo meccanico, riducendo ciò che si ripete sempre allo stesso processo come una preghiera”precisa Jean-Clet Martin. “Deleuze sostituisce allora l’idea di dialettica con quello che chiama diagramma. C’è lo stesso prefisso Ècome nella dialettica, ma il diagramma è molto più affetto da singolarità, più ricco di intensità, mutevole.continua.
Superficie
Per Deleuze, la questione del senso è stata troppo spesso cercata dal lato della profondità, come in Heidegger, innamorato di un fondamento oscuro, o dal lato della trascendenza, come in Platone, con questa luce del sole che rivela la verità su tutto. “Deleuze, al contrario, vuole posizionarsi nell’interstizio tra questi due estremi meccanicamente opposti, e preferisce sviluppare l’idea di superficie. Esamina le superfici, tra altezza e profondità, uno spazio di movimento, nomade per estensione, per quartieri”spiega Jean-Clet Martin. Sondaggio “una specie di mappaun rizoma, che ben riassume il gesto di Deleuze. Il filosofo fa spesso un’analogia con coloro il cui stile di vita sconvolge la nostra esistenza sedentaria. Ma anche a casa, nella tua stanza, i pensieri vagano”immobile a passi lunghi» disse Valery. Questa è una forma di “deterritorializzazione” invece di essere rinchiusi in uno spazio chiuso, la potenza dell’immagine, del sogno… A volte di una metamorfosi come nell’opera di Kafka.
Evento
Il divenire è come un viaggio, è meglio definito grazie alla nozione di evento, che Deleuze pone al centro della sua filosofia. “Prendiamo una relazione tra due stazioni, la stazione di Parigi e la stazione di Amiens. Il filosofo sarebbe forse colui che rifiuta di stabilizzarsi sui termini di partenza e di arrivo, e non si accontenta mai dell’inizio o della fine. In realtà tutto accade tra, i rapporti sono più ricchi dei termini. Lo riconobbero i filosofi anglo-americani che viaggiarono molto, da Oriente a Occidente, attraversando deserti, o anche in barca, nel sentimento di fratellanza con il mondo intero. La letteratura spesso prende le cose a metà, senza accontentarsi del risultato. È qui che si svolge la storia, spiega Jean-Clet Martin. La relazione è in definitiva qualcosa che sfugge all’inizio e alla fine. Questa logica delle relazioni di Deleuze le rende la materia dell’evento”.
Variazione
Cos’è la variazione? “Il concetto per Deleuze è qualcosa che è in variazione. Una variazione presuppone una molteplicità. È una varietà che si ritrova intrappolata su una linea che Deleuze talvolta chiama linea di fuga. Percorre una disposizione mobile, una metamorfosi che evolve, un po’ come un labirinto che cresce ai bordi. Soprattutto nell’opera di Borges, ma anche in quella di Kafka che pensa per tane o addirittura per corridoi divergenti, per infissi che si aprono ogni volta su altri mondi. Ne sentiamo l’impressione soprattutto nel cinema di Orson Welles, ‘Citizen Kane’ che si evolve in frammenti, le cui connessioni producono il puzzle di una vita in cui Kane è costantemente coinvolto in relazioni diverse, senza un’unica identità. vieni e riducilo alla stessa cosa. Chi è Kane? Questa è la domanda dell’intero film. È solo variazione… Tra due mondi senza riuscire a localizzarlo per sempre.”
calcestruzzo
Per il suo modo di vedere la creazione dei concetti, il pensiero di Deleuze non è in alcun modo una filosofia dell’astrazione. “Deleuze ama paragonare l’arte di creare concetti a una costruzione, in particolare all’assemblaggio di un pezzo di legno da parte del falegname o alla fabbricazione della spada da parte del metallurgista, spiega Jean-Clet Martin. “Un accordo è necessariamente concreto, testimonia un intreccio concreto. Il concreto è ritornare a ciò che ‘concresce’, entra nella ‘concrezione’ o nella ‘concrescenza’. È ovviamente il caso del montaggio cinematografico e delle molteplici tecniche per produrre connessioni spesso strane, sorprendenti, capaci di tenere insieme una molteplicità. L’idea non è accontentarsi della dispersione, né della decostruzione. Non viviamo di smembramento”.
E per specificare: “Deleuze è un costruttivista, non cerca di dissolvere tutto ma, per ogni cosa, nella sua differenza, la possibilità di stare, di concretizzarsi attraverso un evento, nel momento che diventa la nostra unica risorsa. Non dobbiamo credere che Deleuze sia solo caos. Per lui l’essenziale è estrarre dal caos una strada, un percorso, un disegno su cui poter affermare una volta per tutte la volontà di esistere. Anche solo attraverso un evento che mette insieme gli elementi più duri, la collisione di materie solide o scambi a volte molto più liquidi. Certo, le nostre vite sono liquide in alcuni luoghi, ma vogliono ancora ricostituirsi in affermazioni, forze di esistenza senza equivalenti.