“The Human Fear”, le paure fruttuose di Franz Ferdinand

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Alex Kapranos e Bob Hardy del gruppo Franz Ferdinand, a Londra, novembre 2024. SCOTT A GARFITT/INVISION/AP

Chitarre ruvide su un groove accattivante, credibilità underground e senso di ritornello immediato… Portati da inni come questi Portami fuori (2004) o Vuoi (2005), gli scozzesi dei Franz Ferdinand incarnarono per primi un’era che celebrava sia il ritorno del rock sia l’avvento confermato della musica dance.

Nel corso di cinque album, il gruppo guidato dal cantante-chitarrista Alex Kapranos si è poi evoluto inclinandosi alternativamente verso uno di questi poli. Per i dischi a volte più elettrici: Potresti averlo molto meglio (2005), Pensieri giusti, parole giuste, azione giusta (2013); o più elettronico (e meno riuscito) con Stasera: Francesco Ferdinando (2009) et Sempre ascendente (2018), ultimo album fino ad oggi, prodotto dal compianto Philippe Zdar (1967-2019).

Forse spinto dal timore dell’obsolescenza o dai troppi dischi, il quartetto rigenerato in quintetto riesce con La paura umanail sesto capitolo della sua discografia, mescolando brillantemente i generi, immaginando nuovi paesaggi pop. Certo, non troviamo l’urgenza originaria che fece dei Franz Ferdinand il gruppo più cool della metà degli anni 2000, ma, a 52 anni, Alex Kapranos, separato dal chitarrista Nick McCarthy dal 2016, e ancora supportato dal basso energico di Bob Hardy, dimostra una vitalità rafforzata da un know-how ampliato.

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