L’opera ŠamaŠ, un’eccezionale installazione che unisce arte plastica e composizione musicale, progettata da Zad Moultaka, è esposta per la prima volta in Francia presso l’Istituto del Mondo Arabo (IMA) di Parigi. Questa creazione, vero e proprio grido d’allarme contro la barbarie delle armi, mette in luce gli eccessi distruttivi delle civiltà, lanciando al tempo stesso un fervente appello alla pace.
È stato nel 2017 che l’artista libanese Zad Moultaka ha creato l’installazione ŠamaŠ (pronunciato Shamash) che unisce arte plastica e composizione musicale. Per la prima volta in Francia, sarà possibile scoprire quest’opera eccezionale presso l’Istituto del Mondo Arabo di Parigi (IMA) fino al 6 aprile. Si tratta di un progetto dall’immenso significato simbolico la cui idea di base si basa su una profonda riflessione di Zad Moultaka sulle civiltà e sui loro cicli autodistruttivi. “Ogni civiltà porta in sé il germe della sua distruzione”, ha osservato Moultaka durante una presentazione organizzata all’attenzione della stampa, lunedì 9 dicembre, nella maestosa sede dell’IMA. Questa piccola frase che ha ispirato l’artista sottolinea la natura ciclica e inevitabile della violenza umana, che si ripete all’infinito.
Moultaka trae ispirazione in quest’opera dal famoso Codice di Hammurabi, un testo giuridico babilonese, considerato il primo codice di leggi, inciso quasi 4.000 anni fa, in Mesopotamia, su una stele di basalto nero esposta al Louvre. Lo spunto per la riflessione dell’artista a riguardo è arrivato quando la forma di questa stele gli ha stranamente ricordato un reattore bombardiere, un manufatto bellico degli anni ’50! Poi pensa di giustapporre le due immagini e capisce subito che c’è un significato profondo da esplorare a questo livello. Scava più a fondo e, sulla sommità della stele del Codice di Hammurabi, individua il dio ŠamaŠ, dio del sole e della giustizia. ŠamaŠ, come il sole, è fonte di vita, ma anche di distruzione.
Il simbolo di ŠamaŠ è anche una sorta di sole a forma di stella a quattro punte dal cui centro emana radiazione sotto forma di “onde”. La particolare forma del simbolo porta l’artista a stabilire una strana somiglianza con l’elica che costituisce il fulcro del motore di un bombardiere. Da qui l’approccio di porre il motore al centro dell’impianto (presentato all’IMA). Il motore diventa allora la rappresentazione simbolica del dio del “caos”, della distruzione, ŠamaŠ, la cui energia distruttrice si mescola alla memoria dei morti e alla sofferenza umana.
Un’installazione immersiva, visiva e sonora
L’opera offre un’esperienza sia visiva che sonora, attraverso la quale l’artista fonde diversi approcci per creare un’immersione totale. Il motore del bombardiere Rolls Royce, un Rolls Royce Avon Mk209 alto 20 piedi, si trova al centro della stanza, di fronte a un muro composto da circa 150.000 monete libanesi. Questa è una metafora del Vitello d’Oro, sinonimo del potere del denaro, e quindi del legame tra guerra e denaro. Questo muro rappresenta una città distrutta, un paesaggio di rovine visto dal cielo.
Il suono, l’elemento centrale di questa installazione, proviene da 32 altoparlanti disposti nello spazio. È strutturato in un loop di 11 minuti e 54 secondi, basato sul suono del motore di un bombardiere, della durata iniziale di 10 secondi, poi allungato e rallentato fino a 10 minuti. Diventa così, dopo essere stato filtrato, un cuore pulsante, che evoca i lamenti delle vittime dei bombardamenti così come le lacrime ghiacciate nel frastuono del caos. Come un palindromo, incarna questo ciclo infinito di violenza e giustizia, guerra e pace. “Come se la violenza di questo motore portasse con sé, nel cuore stesso del suono, le tracce delle persone violentate. Come se nel ventre di questo mostro potessimo sentire le lacrime”, sottolinea Zad Moultaka.
Questo brano musicale che accompagna l’installazione è una creazione originale dell’artista, eseguita dal coro dell’Università Antonina diretto da Toufic Maatouk. Zad Moultaka trae ispirazione dai lamenti sumeri, in particolare dalle canzoni che evocano la distruzione della città di Ur, nonché da un lessico accadico di parole mutilate. Scrive poi una partitura le cui voci, maschili e femminili, sembrano perdersi in un universo sonoro frammentato, come se un bombardiere ne avesse polverizzato la lingua.
Atmosfera celeste e spirituale
Una poesia di pace, recitata con voce di bambino proveniente dal reattore del bombardiere, cuore del pezzo, chiude l’opera. Questo testo, di profondità commovente, chiede la riconciliazione e la fine dei cicli di violenza. Riprende un testo antico, una preghiera, che termina con la frase “su questa violenza si chiude la porta della notte”, come un augurio per l’estinzione del male e il ritorno alla pace.
È un canto strano e un’atmosfera malinconica che ci avvolge e ci trasporta in questo viaggio inquietante che si anima davanti a noi in un gioco di luci progressivo e poi regressivo. Questo circolo vizioso, così come l’installazione, lascia un’atmosfera celestiale e spirituale paragonabile a quella di un tempio. L’artista ci invita a entrare in questo tempio e vivere l’esperienza, inizialmente frontalmente, poi attraverso un’immersione, evolvendo nello spazio e tenendo presenti gli ingredienti di questa installazione che ne illustrano il concetto.
“L’installazione crea un’atmosfera intima e collettiva”, sottolinea Élodie Bouffard, responsabile delle mostre dell’IMA. “Ognuno, in questo spazio, è portato a riflettere sulla propria posizione di fronte alla violenza, alla storia e alle conseguenze della guerra e dei suoi disastri”, precisa.
Il lavoro oltre il Libano: un messaggio universale
ŠamaŠ è un messaggio che trascende i confini geografici e temporali del Medio Oriente. Non vuole essere solo una riflessione sul Libano o sul Medio Oriente, ma sulla violenza in generale, qualunque sia la sua forma e origine. “I carnefici di ieri sono le vittime di oggi, e le vittime di oggi saranno i carnefici di domani”, spiega Zad Moultaka, sottolineando la necessità di rompere questo ciclo infinito.
Oggi, in un’epoca di riarmo e di aumento della violenza globale, ŠamaŠ appare come un messaggio tragicamente attuale, indica Nathalie Bondil, direttrice della divisione di gestione dei musei e delle mostre dell’IMA. L’installazione, un’opera catartica, invita lo spettatore a una riflessione universale sui temi della guerra, della giustizia e dell’umanità. Attraverso simboli forti, musiche antiche e riferimenti storici, l’opera immerge il pubblico in una vertigine dove passato e presente si fondono, dove speranza e distruzione convivono.
Questa mostra all’Institut du Monde Arabe è un’occasione unica per scoprire un’opera monumentale e profondamente umana che risuona con la realtà del mondo di oggi. ŠamaŠ è un grido di speranza, un appello alla ricostruzione di un linguaggio comune, alla pace e all’elevazione degli uomini al di sopra dei conflitti.