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La morte di Jacques Roubaud, poeta innamorato dell’intreccio delle parole

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Il poeta Jacques Roubaud, nel 1999. LOUIS MONIER/GAMMA-RAPHO TRAMITE GETTY IMAGES

Jacques Roubaud, 5 dicembre 1932-5 dicembre 2024: c’è tanto da immaginare sulla coincidenza di queste date. Consideratela come una decisione, come se fosse possibile decidere della vostra morte. Forza di determinazione che ci riporta al gruppo letterario al quale Jacques Roubaud non può smettere di appartenere: il gruppo Oulipo. Considerando ciò una coincidenza oggettiva, pensiamo a un altro gruppo letterario, contro il quale si formò Oulipo, con il quale Jacques Roubaud mantenne un complesso rapporto di amore e rifiuto, il gruppo surrealista.

Jacques Roubaud è nato a Caluire, vicino a Lione, da genitori appartenenti a quella che viene comunemente chiamata meritocrazia repubblicana: suo padre e sua madre erano normaliens. Il padre è un filosofo, la madre un’anglista. La famiglia è provenzale: l’inglese sarà la seconda lingua madre di Jacques Roubaud; il provenzale dei trovatori, la lingua di una memoria tanto reale quanto fantasticata. La famiglia, comunista, resiste. Alla fine della guerra lasciò Carcassonne per Parigi, dove suo padre fu chiamato come rappresentante all’Assemblea consultiva provvisoria del 1944.

Jacques Roubaud pubblicò quello stesso anno, all’età di 12 anni, Poesie giovanili che testimoniano la sua precoce passione per la lettura, per la poesia e per i numeri: i versi in rima soddisfatta queste tre passioni. Nel dopoguerra scopre il surrealismo e si pone sotto il segno eludardiano “poesia d’amore”sposò, nel 1959, Sylvia Bénichou, dalla quale ebbe una figlia, Laurence. Il poeta non proseguirà gli studi di lettere, né di inglese, che aveva intrapreso, e, con una decisione radicale, sceglie la matematica. All’inizio degli anni Cinquanta aderisce al Gruppo dei Giovani Poeti, fondato da Elsa Triolet, le cui riunioni si tengono presso il Comitato Nazionale degli Scrittori.

Lirismo in versi liberi

È il periodo aragonese, del lirismo in versi liberi e della poesia impegnata, che caratterizza il secondo libro del poeta, Gita serale (1952). Ma l’insoddisfazione vince: Jacques Roubaud, poeta, non ha trovato la sua strada. Lo farà ricorrendo innanzitutto alla tradizione poetica: una seconda decisione radicale, il poeta sceglie la forma del sonetto. Questa scelta dimostra un allontanamento dalle avanguardie: non si tratta però in alcun modo di una restaurazione. Si dice che il sonetto sia una “forma fissa”: non è così, la forma è in cambiamento, nella tradizione, come una nuvola che, lentamente, attraversa il cielo.

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Il sonetto shakespeariano non è il sonetto francese, che non è il sonetto italiano. Esistono sonetti lunghi, “caudati”, e persino una forma di sonetto breve, inventata dal poeta inglese Hopkins. Ma identifichiamo sempre, sotto le variazioni, l’identità di un oggetto linguistico, il sonetto. Quindi non esiste una forma morta, ma solo “versioni fuori stampa” delle forme, scriveva Roubaud. Possiamo rimettere in moto il sonetto, proseguendo in un’impresa personale ciò che la tradizione ha dispiegato in secoli di composizione poetica.

Da queste riflessioni nacque il primo grande libro del poeta, quello che egli considerò veramente il suo ingresso nella poesia: (segno di appartenenza alla teoria matematica degli insiemi), pubblicato da Gallimard nel 1967. Fu la lettura di questo manoscritto da parte di Raymond Queneau che portò alla cooptazione del poeta nel gruppo di Oulipo. Una forma, tuttavia, non è priva di a “senso formale” : durante la composizione di questo libro, Jacques Roubaud perde il fratello minore Jean-René, morto suicida. “Furia contro informe”aveva scritto Mallarmé, in Per una tomba di Anatole. La formula potrebbe essere di Jacques Roubaud: la forma è composta contro l’indeterminato, contro la defezione che porta via tutto e il suo correlato, il demone del “che importa?”.

Lotta impossibile, sempre ripresa. In questo senso dobbiamo intendere questa proposizione della sequenza “idea di forma”In La pluralità dei mondi di Lewis : “Poiché la forma non può dichiararsi senza dichiarare anche l’informe, che tuttavia non è separato da esso né riferito ad altro luogo: al contrario, la forma può solo dar luogo all’informe, piuttosto che esporre, segretamente interiore, la sua improprietà . » Si applica all’intera opera.

Opera che, da lì in poi, si svilupperà, sorretta da un patrimonio immenso e sotterraneo “progetto matematica e poesia”di cui Roubaud diede una prima descrizione nel 1979 – nel momento stesso in cui lo abbandonò. La conoscenza di questo “progetto”, però, ci permette di collegare tra loro i libri di poesia che seguiranno: Mono non lo sa (1970), composto da antologie di poesia classica giapponese; Trentuno al cubo (1973), grande poesia d’amore di Florence Delay, una vertiginosa sintesi formale che riunisce la forma giapponese dell’ tankaIL Stanco Lirica occitana, e ancora il sonetto; Autobiografia, capitolo dieci, libro di critica e omaggio alla poesia in versi liberi, letta e vissuta nell’adolescenza, dove il poeta ride e si commuove della propria giovinezza; Sete, poesia minimalista in senso stretto.

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Umorismo e fantasia

Dobbiamo tornare ai trovatori, di cui Jacques Roubaud ha fornito un’importante antologia nel 1971: sono loro il modello dell’opera, i poeti con cui Roubaud non smetterà mai di confrontarsi senza mai imitarli. Nel 1986 apparve il saggio decisivo a loro dedicato, Il fiore inverso (Ramsay ed.) : lungi dal considerare la poesia dei trovatori da una prospettiva filologica, o da una storia culturale, ma anche tagliando contro il testualismo ambientale che taglia il Stanco di ogni rapporto con l’esperienza, Roubaud considera questa poesia come una forma di esercizio spirituale, attraverso il quale il poeta entra in una relazione congiunta etica ed estetica con se stesso. Si tratta di accogliere la più alta esaltazione delamasenza sprofondare nella malinconia o nella follia d’amore. La poesia è una forma di vita: un’idea essenziale, che ha solo l’apparenza di un’evidenza, se si considera il clima teorico in cui è stata formulata. Ciò permette anche di cogliere la portata del ciclo di prose che il poeta compose a partire dal 1989 e dal suo primo volume pubblicato, Il Grande Incendio di Londra (Soglia). Il poeta le rifiuta la qualifica di autobiografia: si tratta di raccontare una vita, certo, ma in quanto ordinata rispetto al progetto di poesia di cui si è parlato sopra. Ciò non fa però di Roubaud un letterato: perché se la poesia, appunto, è una forma di vita (Roubaud arriverà a dire che non appartiene alla letteratura), è la forma di questa vita. nella poesia che viene detto.

Nel 1980, Jacques Roubaud sposa Alix-Cléo Blanchette, fotografa: la coppia concepisce un secondo progetto, poesia e fotografia, che la morte di Alix interrompe. Jacques Roubaud pubblicò per primo il Diario di Alix, poi, nel 1986, qualcosa di nero (Gallimard), senza dubbio il suo libro di poesie più conosciuto e letto. Non è più possibile la felice affermazione della poesia amorosa, l’intreccio formale delle parole, “come la lingua si intreccia/alla lingua nel bacio” (secondo il trovatore Bernart Marti), non è più possibile, ma non è più sostenibile nemmeno una rigorosa negazione attraverso il silenzio. La poesia è scritta, delimitando negativamente il luogo della poesia e della donna amata, individuata: “Mi sforzo di circoscrivere il nulla: tu con precisione, questo bipolo impossibile, per viaggiare attorno a questo, a queste nove frasi che chiamo poesie. » Con La pluralità dei mondi di Lewische lo segue immediatamente, di cui questo libro è lo specchio .

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Dovremmo parlare anche dell’umorismo di Roubaud, della sua fantasia, delle sue poesie per bambini, della traduzione, dei suoi ultimi libri in cui il poeta continua la sua impresa, sostenuto dalla moglie, la poetessa Marie-Louise Chapelle: “Dominerò/ queste sillabe/ fino all’ultima”…Come Hugo che tenne duro al verso “con la mano del suo fabbro”Jacques Roubaud ci ha sostenuto in questo modo – me ne rendo conto adesso.

“La morte è pluralità obbligatoria”scriveva Jacques Roubaud nel qualcosa di nero : in questa pluralità l’uomo è ormai disfatto. Ma ci lascia qualcosa che tiene, un intreccio immenso (spuntino) di parole. Jacques Roubaud è uno di coloro che hanno dato vita alla poesia. Non è niente. Lasciamo quindi la parola al poeta per concludere:

“Entrai in un inverno di laghi di quarzo di quercia/ I cancelli caddero su questo giardino mortale/ Conoscevo i muri e le forche del gelo/ Le canne la marea di cenere che le ricopre. »

Jacques Roubaud in alcune date

5 dicembre 1932 Nascita a Caluire-et-Cuire (Rodano)

1944 “Poesie per ragazzi”

1966 Entra Oulipo, cooptato da Raymond Queneau

1986 “Qualcosa di nero” (Gallimard)

1992-1997 Presiede il Centro Internazionale di Poesia di Marsiglia

2021 Riceve il Premio Goncourt per la poesia per tutta la sua opera

5 dicembre 2024 Morte a Parigi

Jean-François Puff (Poeta e professore universitario)

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