La podcaster Julia Layani, di fede ebraica, accusa dodici giurati del festival cinematografico “Chéries-Chéris” di aver voluto escluderla e di averle impedito di parlare degli ostaggi di Hamas durante la cerimonia di chiusura della manifestazione.
“Sono censurato, messo a tacere, escluso, scomunicato. Sono una vittima diantisemitismo » Julia Layani, podcaster e imprenditrice, accusa dodici giurati del festival LGBT+ “Chéries-Chéris”, al quale ha partecipato come membro della giuria, di aver voluto escluderla – perché considerata una “sionista di estrema destra” – e per averle impedito di parlare degli ostaggi di Hamas martedì 26 novembre.
La regione dell’Île-de-France, che ha sovvenzionato il festival, ha reagito di conseguenza. Giovedì 28 novembre la vicepresidente Florence Mosalini-Portelli ha annunciato la sospensione di questo sussidio. “Quello che è successo è rivoltante, una vergogna! E purtroppo non sorprende. La politica di Valérie Pécresse [la présidente de la Région, NDLR] è e rimarrà intransigente nella lotta contro l’antisemitismo.ha scritto su X.
Solo venerdì 29 novembre l’organizzazione del festival ha espresso la sua “indignazione totale” di fronte a questa situazione e assicurato di condannare “con la massima fermezza ogni forma di antisemitismo, razzismo, islamofobia ed esclusione”, in un comunicato stampa diffuso sui loro social network.
“Qual è la prova del mio sionismo dal momento che non ne parlo mai?”
Secondo il racconto di Julia Layani, dettagliato sul suo account Instagram, mentre i membri della giuria hanno intenzione di parlare “atrocità che accadono in tutto il mondo” a conclusione del festival si ricordano le vittime di Gaza, del Libano e dell’Iran. “Che bella idea. Il festival è una grande occasione per denunciare l’indicibile”spiega il podcaster. Poi suggerisce via e-mail di parlare anche degli ostaggi israeliani, ancora prigionieri di Hamas. Dopo diverse ore di silenzio, finalmente uno dei giurati viene a trovarla. “Mi isola e mi dice che il gruppo non ha convalidato la mia condanna. Il gruppo non vuole aggiungere al testo gli ostaggi israeliani.spiega Julia Layani, anche lei di fede ebraica. Prima di continuare: “Devo lottare per togliermi un “perché” dalla gola. La sua risposta: perché non è questo l’argomento”.
Una risposta scioccante per la giovane, la quale confida anche che una decina di giorni prima era stato scritto, tra gli altri, dagli stessi giurati, un articolo che chiedeva la sua esclusione dalla giuria, considerandola una “sionista di estrema destra”. “Qual è la prova del mio sionismo dal momento che non ne parlo mai? Conoscono almeno la definizione della parola “sionismo”? E poi questa menzione di “estrema destra”, cosa ci fa lì? Io che mi sono sempre battuto, e questa volta pubblicamente, contro l’estrema destra appunto? aggiunge l’attivista LGBT, che mostra regolarmente anche la sua lotta per difendere l’ecologia e i diritti delle donne in tutto il mondo.
Un discorso, con le lacrime agli occhi
Nonostante ciò, il giovane imprenditore decide comunque di salire sul palco, “senza autorizzazione”. “Mi scusi, sono molto emozionato perché ho appena subito qualcosa di estremamente violento dietro le quinte. Ho davvero le lacrime agli occhi, mi dispiace…”esordisce nel suo discorso, filmato e trasmesso sui suoi social network, prima di citare gli ostaggi israeliani a Gaza. Immediatamente la sala ha applaudito. Prima che qualcuno tra il pubblico la insultasse per un’intervista realizzata dal podcaster lo scorso luglio a Caroline Fourest, i cui commenti nel 2023 sulla differenza tra la morte dei bambini palestinesi e quelli israeliani avevano suscitato polemiche.
Dopo aver ribadito il suo “sostegno assoluto per Julia Layani”l’organizzazione Chéries-Chéris ha sottolineato che questo festival “non è e non sarà mai un luogo di propaganda politica di parte. Il nostro impegno è chiaro: promuovere la diversità, la tolleranza, il rispetto reciproco e fornire uno spazio libero per l’espressione cinematografica. Prima di concludere: “Le nostre giurie hanno completa libertà di esprimere le proprie opinioni, ma questa deve essere esercitata sempre nel quadro di una scelta cinematografica, mai attraverso una posizione politica unilaterale”.