“Un giardino per un regno”, di Gwenaële Robert: tracce di Rousseau

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Nel parco Jean-Jacques Rousseau, a Ermenonville (Oise), nel 2021. VINCENZO ISORE/IP3

“Un giardino per un regno”, di Gwenaële Robert, Les Presses de la Cité, 208 pag., 20 €, digitale 14 €.

Al Museo Carnavalet, a Parigi, troviamo, al primo piano, nella galleria Raguenet, un dipinto del XVIII secoloe secolo di Charles-Léopold Grevenbroeck. Rappresenta un Veduta di Parigi dalle alture di Belleville. Una campagna di boschetti, frutteti, piccoli appezzamenti, con un mulino, una fattoria o meglio un’osteria e la gente seduta alle tavole. Una strada di gesso scende verso la periferia. I contadini spingono i loro animali. La città è in lontananza, le torri di Notre-Dame avvolte nella nebbia che sale dal fiume. Lettori di Fantasticherie del camminatore solitariodi Jean-Jacques Rousseau, riconoscerà un po’ in questo paesaggio d’epoca quello della famosa seconda passeggiata del filosofo che andò a piantare piante un pomeriggio del 1776. Vorremmo chiudere un attimo gli occhi e riaprirli, solo una volta , su questo arredamento di prima. Come se fosse possibile sospendere il tempo. Ma niente è più lo stesso. Quasi tutto ormai è capovolto, insabbiato, perduto, cancellato.

Nel nuovo libro di Gwenaële Robert si parla di Rousseau, delle sue meditazioni, dei sogni ad occhi aperti e della solitudine. Di paesaggi ed emozioni ritrovate. Ricordi di luoghi e momenti, di persone care. Del volo del tempo. Un giardino per un regno è la cronaca intima di un viaggio in un paese straniero, nelle lande desolate e nei boschi di una terra d’infanzia trascurata per troppo tempo. Riscoperto e rivelato.

Ci dimentichiamo di noi stessi senza nemmeno rendercene conto. C’è sempre di più importante. In questo caso sono i bambini. La narratrice del romanzo ha dedicato alla sua famiglia più di vent’anni di vita molto o troppo impegnata. E così se ne andarono, lasciandola in una forma di vuoto un po’ patetica. Così, per non sprofondare nella noia dannosa, nella convenzionale depressione della vecchiaia, decide di riprendere la sua tesi universitaria abbandonata. “sull’influenza della botanica negli ultimi scritti di Rousseau”. Non si lascia davvero ingannare dal pretesto. Si dà il caso che l’autore di Confessioni visse gli ultimi mesi della sua vita presso il marchese de Girardin, a Ermenonville. La tenuta è a solo un’ora di cammino, tra campi e boschi, dal piccolo villaggio di Valois dove è cresciuta. Andare a Ermenonville (Oise) per lavorare su Rousseau significa entrare in collusione. Percorrere i propri passi lungo percorsi della memoria, dove tutto si incontra e si fonde.

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